Qatar 2022, "una questione di soldi": la vergogna di Infantino
Il bla bla di ieri firmato Gianni Infantino è semplicemente inaccettabile e noialtri, a differenza sua, non utilizzeremo giri di parole o paraculismi vari. Il numero 1 del carrozzone Fifa dice così, ai margini del deserto, con fare da attore consumatissimo: «Oggi mi sento del Qatar, mi sento arabo, africano, gay, disabile, lavoratore migrante».
Tra una frase e l'altra, studiatissime pause ad effetto che dovrebbero farci pensare. Già, ma a cosa? Che la Fifa sia imbrattata da decenni ce l'ha spiegato per bene la docu-serie Fifa-Tutte le rivelazioni di Netflix (quattro fittissimi episodi), roba che ti alzi dal divano alla fine della proiezione e pensi «orcamiseria, ma cosa lo guardo a fare, il calcio?».
Parla di tangenti, mazzette insanguinate, appalti truccati e truccatissimi, assegnazioni mirate, inciuci vari. E tu cerchi appigli per restare attaccato al pallone: «...Sì, però Gianni non è come tutti gli altri, è sincero», ma poi ascolti il discorso del deserto e ti cadono le braccia.
«Mi sento del Qatar» (te credo, ci vivi da mesi...), «Mi sento gay» (uh, che coraggio, tanto a te mica ti fustigano), «Mi sento lavoratore migrante» (difficile, soprattutto se si riferisce a quelli sotto terra). Il tutto ovviamente fino al prossimo Mondiale, quello americano, quando Infantino "si sentirà" certamente qualcos' altro. Tra quattro anni - in quanto unico candidato Fifa, ma tu pensa... -, sarà ancora presidente e allora si sentirà, boh, yankee, maestro di rivoltella, oppure ambasciatore della salsa BBQ che da quelle parti tira molto. Bah, che pena. Cioè, sentite qua: «La cosa triste è che gli europei in questi giorni danno molte lezioni morali. Anche io sono un europeo e penso che dovremmo scusarci per tante cose dopo quello che abbiamo fatto».
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Ah, ok, siccome noi non siamo degli stinchi di santo, allora va bene giustificare tutto: lo sfruttamento della manodopera, il maltrattamento delle donne, la mal sopportazione delle minoranze, l'idea che il soldo sia l'unica Stella Polare. Che poi, diciamolo, il discorso è tutto lì e bisognerebbe solo avere il coraggio di dirlo: se ci ritroviamo in pieno autunno a giocare un Mondiale, se lo facciamo tra le dune, se il Qatar si ritrova ad organizzare il più importante evento del globo, è solo e soltanto una questione di denaro. Tanto, tantissimo e indispensabile per portare avanti il carrozzone. Oh, non è che ci scandalizziamo, ma per lo meno evitateci la melassa del «ci ritroviamo qui a novembre del 2022 perché siamo tutti fratelli e quanto è bello lu cammello». Per cortesia, siamo fuori dal Mondiale ma non siamo mica deficienti.
E ancora, dal monologo di Gianni: «Il Qatar ha offerto a molti migranti di guadagnare dieci volte di più che nel loro Paese. In Europa non lo permettiamo, ma se si ha a cuore la sorte di questi migranti, bisognerebbe creare rotte che permettano loro di raggiungere l'Europa, come sta facendo il Qatar». E qui si supera, perché mette a parallelo un popolo di pochissimi multi -petrol -miliardari che hanno estremo bisogno di forza lavoro, con il Vecchio Continente che non sa più da che parte girarsi. Pensate. E poi l'ultimo passaggio, per certi versi quello che fa più male, relativo al divieto di vendita di alcolici negli stadi: « Ci sono molti punti in cui si possono bere alcolici e se non si può fare allo stadio penso che si possa stare tre ore senza bere birra!». Ecco, Gianni, con tutto il rispetto, parla per te.
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