Nazionale, Mancini in Albania ha trovato il modulo del futuro
È utile ricordare che questo strano pre-non-Mondiale non è tempo perso per l'Italia ma un prezioso passaggio a vuoto in cui si può (si deve) costruire il futuro. Il risultato della sfida all'Albania, quindi, non è importante, conta tutto il resto. Prima di tutto la capacità di reagire degli azzurri all'iniziale svantaggio, segnale di serietà quando si potrebbe invece mollare la partita. I giocatori sanno che c'è ancora mezza stagione da giocare e gli italiani non hanno altri obiettivi concreti, non partecipando alla Coppa del Mondo. Potrebbero risparmiarsi, invece si applicano come se fosse una gara ufficiale.
La seconda cosa che conta è la sperimentazione tattica di Roberto Mancini. Dopo aver trovato buone risposte nel 3-5-2 al giro precedente, stavolta evolve verso un 3-4-3 che, a parer di chi scrive, è il modulo finale della nuova Italia. Mette tutti nella zolla ideale, nessun calciatore è fuori posto e esalta alcuni calciatori di cui questa squadra ha tremendamente bisogno come la catena interista Dimarco-Bastoni, la totalità di Verratti e Tonali, oltre quella di Barella, e le ali-trequartisti come Grifo e Zaniolo, in attesa del miglior Chiesa. È un sistema che permette di proteggere anche Bonucci o Acerbi, gli ultimi ultratrentenni rimasti, non fosse che il primo si fa superare troppo facilmente in occasione del gol albanese, come sempre più spesso accade anche nella Juventus.
Il 4-3-3 è ormai il passato, il difetto è non aver avuto la forza di archiviarlo durante le qualificazioni ai Mondiali, quando già non funzionava più. Ora Mancio si sta redimendo, ascoltando e valorizzando le indicazioni che offre il campionato. Raspadori, ad esempio, pur non giocando sempre ora gioca nel Napoli, la migliore d'Italia, dunque è il momento che sia titolare inamovibile nell'Italia.
Non a caso il centravanti - perché questo è, un centravanti - azzurro dipinge calcio e, in questo modulo, manda in buca gli esterni e i trequartisti come Di Lorenzo e Grifo, con cui nasce un'intesa naturale perché il linguaggio è lo stesso: quello della qualità. Basta il cambio di modulo per trasformare l'Italia in una squadra contemporanea, più intensa e verticale, ma non per questo improntata solo sulla fisicità. I piedi buoni restano, è diverso il modo di arrivare in porta. C'è più imprevedibilità e movimento, più bollicine. Si può dire che Mancini abbia trovato la nuova Nazionale in una apparentemente inutile amichevole di novembre. Ora la coltivi.
Nota a margine, ma non secondaria: si gioca a Tirana, in uno stadio inaugurato nel 2019 e costruito in tre anni per 90 milioni. Ci ricorda che siamo gli unici a non riuscire a costruire nuovi impianti, anche perché siamo i soli a pensarli costosi, o a renderli tali. Perché per progettarli, invece, siamo anche in grado, visto che l'Air Albania Stadium porta la firma dello studio fiorentino Archea Associati. È tutto il resto che ci manca. In questo siamo davvero gli ultimi della classe.