Giovanni Galeone punge il discepolo Allegri: "Si è impigrito. E Giampaolo..."
Infuria il campionato, rispunta la Champions e Giovanni Galeone che di Max Allegri, Gian Piero Gasperini e Marco Giampaolo resta il padre putativo, osserva e analizza, spiega teoremi e fornisce indizi.
Galeone, cosa pensa del momento dei suoi tre figli sportivi?
«Ottime cose per Gasp, ondivaghe per Max e dolorose per Giampaolo, uno studioso del calcio assai stimato. Lo frega però il suo essere "secchione", legato agli schemi. Dovrebbe avere più fantasia».
Allegri e Gasp, così uguali ma così diversi?
«Max e Pierino sono stati miei giocatori. Erano mister in campo, leggevano la partita come pochi. Soprattutto Gasp».
Allegri è un risultatista, giusta la continua crocifissione?
«Tornando a Torino ha rinunciato a offerte clamorose di Real e PSG. Gli dissi: sbagli, sii più internazionale, assaggia altre realtà. Max, però, negli ultimi tempi si era un po' impigrito, voleva stare vicino agli amici, alla famiglia».
Anche ad Ambra? All'epoca erano fidanzati...
«Eh, maliziosetti. Può darsi. Stavano bene insieme, poi è finita. Ora ha quell'altra, Max. E pare felice».
Lo sono meno i tifosi della Juve...
«Max non è mai stato adorato a Torino, neppure quando vinceva. Ma se prendi un allenatore per un progetto di 4 anni, gli chiedi di vincere subito lo scudetto? Alla Juve, ahimé, vige sempre e solo la legge del vincere a tutti i costi».
Analisi buonista, la sua.
«Dici a Max: vieni, impostiamo un programma a lungo termine e poi gli vendi i ventenni De Ligt e Kulusevski e prendi dei trentenni? Non si fa così».
Voto alla dirigenza Juve?
«Basso. Ha fatto scelte incomprensibili. Se la famiglia Agnelli ti richiama dopo averti cacciato, è l'ammissione di aver commesso l'errore».
Fatto è che la Juve gioca male, con il Bologna non ha entusiasmato e domani col Maccabi ha un solo risultato.
«Non perché Allegri è un risultatista. Ha troppi giocatori che suonano spartiti differenti. Non c'è musicalità, quando Cuadrado accelera Rabiot frena. Manca ritmo. Max al Milan proponeva un calcio migliore. Detto questo, deve fare di più».
Realisticamente, la Juve può pensare allo scudetto?
«No».
Allora chi lo vince questo campionato col mondiale di mezzo?
«Il Napoli, gioca il calcio migliore e Raspadori è la pedina tattica che mancava».
L'Inter è fuori dai giochi?
«Gioca malissimo e ho l'impressione che Inzaghi facesse bene alla Lazio perché non aveva da scegliere chi mettere in campo, viste le poche alternative. All'Inter ha preferito Correa a Dybala, alterna i difensori, cambia se uno è ammonito. Non ha e non dà certezze».
E Gasp, l'altro figlioccio?
«È tatticamente un fenomeno come quando giocava. Propone il nuovo calcio: marcature rigorosamente a uomo, mai difese a zona perché ritiene di non voler regalare pedine agli avversari, pressing alto e grande corsa. L'Arsenal gioca come l'Atalanta, non il contrario».
La Dea, in testa, è diversa rispetto agli anni scorsi...
«Se non hai più la fantasia di Ilicic o Gomez cambi. In questo Pierino è un fenomeno».
Del Milan cosa ci dice?
«Gioca a memoria. Se Pioli cambia le pedine, il risultato non muta. Soprattutto con questo Leao. Ha ragione Costacurta nel dire che adesso il Milan è il portoghese».
E De Katelaere?
«Bel trequartista, diverso da Kakà. È timidino ma diventerà un grande uomo assist».
Perché il nostro calcio stecca sempre fuori dai confini?
«Non abbiamo più un'identità come ce l'hanno il calcio spagnolo, portoghese o tedesco. Un tempo eravamo magnifici catenacciari e vincevamo. L'ultima Champions è quella dell'Inter: 2010. E non abbiamo più una scuola di portieri. E niente Mondiali dal 2014...».
L'allenatore che la stuzzica di più?
«Guardiola. In Germania è stato messo in croce per aver cambiato la filosofia del Bayern. Poi al City ha seppellito il tiki-taka giocando solo in profondità. Furbo».
Il nostro futuro?
«Il presente è Raspadori, il futuro Rovella. Max lo ricordi...».