Nazionale del futuro? Prenda come modello Raspadori: è lui l'esempio perfetto
È Giacomo Raspadori a dover salvare l'Italia, come successo nell'1-0 all'Inghilterra, o il contrario? Perché il nuovo numero dieci azzurro è il più prezioso bene di questa Nazionale e di questo movimento, il calciatore italiano che più si adatta ai tempi che corrono e al futuro, anche in un'ultima versione della squadra che sembra guardare al passato. Nell'Italia precedente, tutta palleggio e ritmo, Raspadori era perfetto e proprio per questo Roberto Mancini lo aveva lanciato subito dopo De Zerbi nel Sassuolo, senza aspettare che trovasse continuità. Seppur limitandolo ad un ruolo da comparsa, lo aveva anche portato agli Europei per accelerarne la crescita e fargli respirare il clima da grande competizione internazionale che, con ogni probabilità, in neroverde non avrebbe mai vissuto. Si è insomma dedicato al talento offensivo più puro che aveva, il ct, e non dovrebbe smettere di farlo ora che ne ha tremendamente bisogno. Anche in un'Italia che potrebbe tornare alle sue antiche origini del gioco, Raspadori deve essere un riferimento.
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CINICO IL GIUSTO
Perché se lo merita. E lo merita perché ha fatto ciò che si chiede ai tanti talenti italiani: forzare il salto in una grande senza aspettare un presunto momento di maturità. Raspadori vuole bene al Sassuolo, lì è cresciuto e ne è diventato capitano, ma in estate si è impuntato per trasferirsi al Napoli. È stato cinico, come è doveroso essere in una carriera ai massimi livelli nel calcio. Ha percepito che, ad 22 anni compiuti e dopo un intero campionato da titolare in serie A, fosse arrivato il momento. Sta silenziosamente insegnando all'Italia che uno dei tanti problemi del calcio nostrano è considerare giovane un giocatore di 20 anni, l'età in cui Giacomo detto Jack ha cominciato a giocare con continuità in serie A e ha esordito in Nazionale maggiore, o di 22, quando ha vissuto per la prima volta una serata di Champions. Se uno ha talento deve bruciare le tappe perché non c'è alcun rischio che si bruci: questa frase è un cliché.
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È importante che giocatori come Raspadori non siano talenti da far crescere ma giocatori che fanno crescere gli altri. Che siano fondamentali per la squadra in cui giocano, non lussi da concedersi quando non c'è nulla in palio. In questo momento, l'Italia non può permettersi di lasciare in panchina uno come Jack. Giochi bene o male, segni come contro l'Inghilterra o meno, sia l'attacco a una o due punte, il nuovo centravanti del Napoli dovrebbe essere titolare inamovibile, l'uomo attorno al quale costruire la Nazionale che punta ai Mondiali 2026, quando Raspadori avrà 26 anni, l'età della piena ascesa. Soprattutto ora che non ci sono impegni competitivi all'orizzonte, l'Italia dovrebbe guardare molto avanti, nemmeno ai prossimi Europei, dove difenderà il titolo, ma alla Coppa del Mondo a cui non si è qualificata per due volte consecutive. Bisogna scegliere oggii calciatori che faranno la differenza un domani, e Jack è senz' altro il primo di questa lista. Perché? Facile. È il calciatore del nuovo decennio: brevilineo, ambidestro e pensante. Un appassionato del gioco che non ha problemi a studiare la sua evoluzione, quindi ad adattarsi ai cambiamenti. Uno che legge la giocata prima e che sa adattarsi ai diversi contesti tattici, come dimostra la buona prestazione in un'Italia diversa dalla precedente, dal baricentro più basso, disinteressata al possesso palla e più attenta alla copertura degli spazi. Un'Italia, in teoria, meno adatta ad esaltarne le caratteristiche, dove però Raspadori ha segnato: lancio di Bonucci letto in anticipo («Leo mi aveva suggerito la giocata poco prima», dirà post-partita), addomesticato e trasformato in un tiro in poco tempo. In Ungheria, domani alle 20.45, l'Italia si gioca il primo posto nel girone di Nations League. Lo faccia con Raspadori, il nuovo dieci, più altri dieci.