Juventus, le colpe di Andrea Agnelli: come nasce il disastro bianconero
La Juventus degli ultimi quattro anni è l'antitesi di quella degli otto precedenti. Non c'è stata via di mezzo, un periodo di transizione: all'ascesa è seguita una discesa che, alla luce delle due sole vittorie in otto partite stagionali finora disputate, dell'assenza di gioco e della sottovalutazione del rischio da parte di un sempre sorridente Allegri, sembra inesorabile. A meno di una scelta drastica come l'esonero che, però, avrebbe lo stesso fondamento delle ultime decisioni: la pretesa che una mossa risolva tutte quelle sbagliate precedenti.
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La Juve degli anni d'oro era in stato di grazia. Ogni scelta era giusta: Conte per rilanciarsi, Allegri per consolidarsi, i migliori giocatori dalle altre grandi italiane (vedi Pjanic e Higuain) per potenziarsi e depotenziare le rivali. Così accumulava punti di vantaggio fino ad illudersi di essere onnipotente: la lussuria è infatti la ragione per cui, dall'arrivo di Cristiano Ronaldo in poi, Agnelli ha sbagliato tutto. Non a caso il declino è coinciso con l'addio di Marotta, l'unico capace di dire "no" al presidente, fino a che questo "no" è diventato di troppo.
È impossibile non citare Agnelli come responsabile della crisi non tanto per il ruolo, quanto perché è l'unico elemento di continuità tra il passato e il presente, eccezion fatta per Nedved. Nel momento in cui avrebbe dovuto essere più presente che mai, si è concentrato sulla presidenza all'ECA e sul progetto Superlega (lanciato ad aprile 2021, quindi pensiero fisso nei mesi precedenti), nell'idea che la Juve fosse ormai autonoma e autosufficiente. Intanto si accumulavano scelte che smentivano quelle precedenti, a conferma dell'assenza di una strategia: via Allegri, dentro Sarri per dare un gioco, poi Pirlo per assenza di alternative e infine, per mancanza di fantasia, di nuovo un Allegri fermo ad un altro calcio.
IL QUADRIENNALE
Per convincere Max a rinunciare al Real Madrid è servito un quadriennale da 8 milioni netti più bonus fuori da ogni logica post-pandemica. La frase di Arrivabene («Lo paghi tu quell'altro che viene?», riferito ad un eventuale sostituto), forse l'unico post-Marotta capace di dire "no"ma anche chiamato agestire un'eredità mortifera, spiega i motivi per cui la Juve non può pensare all'esonero: sono circa 36 i milioni impegnati per i 2 anni e 9 mesi di ingaggio lordo che restano al mister livornese.
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A questi si dovrebbe aggiungere un ulteriore stipendio per il successore e diventa impensabile parlare di Zidane, Tuchel o Pochettino, gente che chiede più di Max. Il tutto dovrebbe accadere dopo aver chiuso il bilancio di quest' anno a -250 e aver sottoscritto con la Uefa un Settlement Agreement, per cui si limiteranno a 60 milioni le perdite nell'arco del prossimo triennio, mentre il monte ingaggi è ancora il primo in serie A (158 milioni lordi, 97 netti, con ben 11 giocatori, praticamente una formazione, che guadagnano più di 5 milioni netti).
CATTIVA GESTIONE
Ad un'incapacità di gestirsi internamente, la Juve ha aggiunto in questi anni una totale mancanza di sensibilità nei confronti dei tifosi. Lo dimostrano i posti liberi allo Stadium per «la partita contro il Benfica, decisiva nel girone di Champions», Allegri dixit: non costavano più del solito (da 40 euro per le Curve, da 80 per le tribune) ma non c'è stato alcun incentivo per chi vive lontano da Torino.
La società sa che questi ultimi costituiscono la maggioranza del tifo ma non fa nulla per loro. E non lo fa nel momento in cui ha bisogno di sostegno. La Juve non ha più l'appeal di cinque anni fa ma si comporta come se nulla fosse cambiato.
Così lo stadio che garantiva punti alla squadra è ora un contenitore vuoto di persone e di emozioni che amplifica le insicurezze dei giocatori bianconeri e fortifica le ambizioni degli avversari, come dimostrano l'atteggiamento della Salernitana o dello stesso Benfica e i risultati: nel 2020/21 i mancati successi casalinghi sono saliti al 27%, l'anno scorso al 38% e ora siamo al 60%. Nessuno ha più paura dello Stadium e tantomeno della Juventus, come dimostrano Salernitana e Benfica solo nell'ultima settimana, ma società e tecnico ragionano ancora come se le partite si vincessero sul piano psicologico o grazie alle giocate.
DICHIARAZIONI
E lo dimostrano le dichiarazioni di Allegri dopo ogni gara dove si parla solo di assenti (Pogba e Chiesa, pur forti, non possono essere così decisivi), di mentalità e di «errori tecnici». Si allude all'inadeguatezza dei calciatori («Sono loro i protagonisti») anziché difenderli come patrimonio del club e assumersi qualche colpa. È la stessa lussuria di quattro anni fa, non è cambiato niente tranne che ora la Juventus non vince più.