Napoli, De Laurentiis merita fiducia. Cosa serve a Pioli
I rancori della tifoseria napoletana nei confronti del presidente De Laurentiis vengono da lontano e hanno radici profonde, ma non è mai troppo tardi per cambiare idea.
Dovrebbero farlo ora e non per le due vittorie del Napoli che, per quanto convincenti, non valgono alcun trofeo, ma perché il mercato messo in atto dal presidente è una lezione al calcio italiano. Ricorda ad un movimento povero di soldi che si possono fare ottime squadre seguendo una strategia precisa che, in questo caso, era basata sul taglio degli ingaggi pesanti che corrispondevano ai totem del vecchio corso, Insigne, Mertens e Koulibaly.
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Per liberarsi di un passato così ingombrante servono le spalle larghe, anche perché vi grava sopra la perenne critica di un'intera città. De Laurentiis è stato freddo, cinico, come deve essere un imprenditore di alto livello. E ha trovato in Giuntoli e Spalletti due professionisti intelligenti, capaci e altrettanto caparbi perché a loro volta hanno creduto nel progetto e lo hanno difeso quando sembrava uno smantellamento.
Se riesce a vendere Fabian Ruiz, la cui gestione dimostra questa sacrosanta inflessibilità, il Napoli chiuderà il mercato in attivo, con il taglio di ingaggi promesso del 15%. Non dovesse riuscirci, il passivo sarebbe leggero (una quindicina di milioni) e tollerabile visto il ritorno in Champions (che ne garantisce 40). La rosa è più completa, omogenea e giovane. E costa meno. C'è poi una sana curiosità nel godersi giocatori come Kvaratskhelia, da cui non ci si aspettava nulla al contrario di quanto accadeva con Insigne. Talenti ignoti sono ideali per una città come Napoli, che si carica di responsabilità che non ha. Ora può sfruttare lo status di sfavorita a patto che i nuovi leader, quali capitan Di Lorenzo e Osimhen, sappiano gestire i momenti negativi.
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Chissà se le parole di Gasperini su Malinovskyi erano sincere o calcolate. Chissà se il mister vuole che sia ceduto o voleva una reazione. In ogni caso, l'ucraino risponde con un gol al Milan dopo essere partito a sorpresa da titolare. La gestione di Gasp è azzardata ma ha senso nel contesto dell'Atalanta, squadra chiamata a riconquistare una collocazione nel calcio italiano. È l'anno in cui si decide se la Dea appartiene alle grandi o alla terra di mezzo, in cui il club si gioca tanto, se non tutto ciò che ha costruito in questi anni. È giusto che un mister trovi modi per alimentare giocatori e tifosi, come quando inserì tutti i giovani che aveva nel primo anno di gestione.
Da lì, per la cronaca, partì l'epopea bergamasca. Il Milan vive la prima giornata scomoda da campione in carica. Chi vince è studiato più degli altri e nascono più velocemente degli antidoti. E chi vince può pensare di essere superiore per definizione, quindi si ritrova inconsapevolmente a gestire le energie piuttosto che a usarle tutte. Se la corsa al titolo era una novità per quasi tutta la rosa rossonera, lo è a maggior ragione la gestione dello stesso, Pioli dovrà gestirla e appellarsi a qualche giocata individuale in più, come quella di Bennacer.