L'Inter ha lasciato un anno di rodaggio a Simone Inzaghi e ora chiede venga restituito con gli interessi, ovvero con quei punti in più portati dall'allenatore. Due di questi sono arrivati in quel di Lecce e sono gli stessi che i nerazzurri hanno pagato dal Milan campione d'Italia lo scorso anno: chi ben comincia non è forse a metà dell'opera? Si dice anche che tre indizi facciano una prova, allora Inzaghi si è portato avanti: ha cambiato tono, contenuti e modo di gestire la partita. Tre aspetti su cui peccava lo scorso anno e su cui sembra aver lavorato in estate, a riflettori spenti, studiando forse un Vate portoghese che all'Inter ha fatto grandi cose. Il nuovo Inzaghi (indizio numero 1) protegge la rosa che allena. E non lo fa con mezzi termini: «La rosa non si tocca». $ netto, perentorio, assoluto. Una stagione fa aveva preso l'Inter come un dono, ora si crede (a ragione) artefice del suo valore, quindi difende ciò che ritiene suo. Non spreca più conferenze stampa e interviste limitandosi allo zero-a-zero che lascia tranquilli tutti: muove le acque. Si fa sentire. Propone un tema o un argomento di cui si parlerà. È la mouriniana tecnica per distogliere l'attenzione dal risultato in caso negativo o per sottolinearne l'importanza in caso di difficoltà oggettive. Il bello è che l'Inter chiede di più a Inzaghi che, in tutta risposta, comincia a chiedere di più all'Inter. Lo scorso anno è toccato a Marotta richiamare tutti al dovere di ambire allo scudetto.
L'impressione è che il mister abbia recepito i messaggi e voglia evitare che accada di nuovo.
Walter Zenga, l'intervista a Libero: "Scudetto, c'è anche la Roma. Ma l'allenatore più bravo..."
Ciao Walter (Zenga), vorrei partire da due domande semplici. Sia chiaro, da te non mi aspetto giri di parole. «Ahi...
Se prima puntava alla calma piatta, ora alimenta un senso di accerchiamento che ai tifosi ricorda il 2010: «Le altre squadre acquistano tutti i giorni mentre l'Inter è sui giornali per vendere. Questo mi fa sorridere. E poi siamo noi la favorita per lo scudetto?». Si è appuntato - segno di un'attenzione all'extracampo che non aveva - la prima pagina del quotidiano sportivo nazionale che riportava a galla la cessione di Skriniar e alla prima occasione l'ha tirata fuori come pretesto per chiedere rispetto. Non solo: la usa anche come leva per ribadire la sua posizione con la proprietà: non si vende. Non ora. Non più. Richiesta ribadita con un inequivocabile «non mi va di scherzare su questo argomento: la rosa deve rimanere questa» al netto del difensore mancante, di cui la società conosce le caratteristiche e ci sta lavorando».
Inter, Beppe Marotta rivela in tv: "Cosa faremo in due settimane"
Beppe Marotta non usa giri di parole e dopo la vittoria all'ultimo respiro a Lecce, prova a rincuorare Simone Inzagh...INDIZIO NUMERO 2 Il nuovo Inzaghi (indizio numero 2) difende la squadra ma al contempo non le concede alibi. $ come se volesse sottolinearle che lo scorso anno è stata superficiale in alcuni passaggi della stagione, che sono costati poi il titolo. Chiede maturità, senza ammettere deroghe. Dopo la vittoria con il Lecce, pur esultando "alla Mourinho" con Maicon a Siena, innervandosi quindi nel gruppo che dirige, ha sottolineato una falla psicologica: «Dopo l'intervento su Lautaro ci siamo innervositi: una squadra come la nostra non può permetterselo. E non può ridursi a vincere una partita del genere al 95'». Tradotto: chi punta allo scudetto non può perdere la concentrazione, nemmeno per qualche minuto (vedi derby di ritorno dello scorso anno) e non può non sfruttare le numerose occasioni create (vedi tante partite dell'ultima stagione). Non può anche perché non è una squadra giovane: l'età media della rosa è di 27,6 anni e resta la più alta dell'intera serie A.
INDIZIO NUMERO 3 Il nuovo Inzaghi (indizio numero 3) pretende ma, in cambio, offre. Non è più scolastico. Cambia modulo e uomini, si schioda dal 3-5-2 per passare prima al 3-4-1-2 e poi al 4-2-4, con una difesa a quattro mai vista prima. Più che "alla viva il parroco" è anche qui "alla Mourinho": sfrutta tutta la rosa e i centimetri degli attaccanti negli ultimi minuti, quando gli schemi saltano. Tiene anche in campo Dimarco, avanzandolo da quinto per moltiplicarne i cross, perché se inserisci le frecce e ti privi dell'arco "sei un pirla". Finalmente rinuncia all'equilibrio tattico lavorando sulla psicologia. Intuisce che un punto a Lecce vale zero sul morale, quindi osa e invia segnali alla squadra che, dopo i cambi e nonostante il pareggio incassato, crea cinque occasioni da rete. Quando cerchi la fortuna anziché temere che premi l'avversario, il gol arriva. Anche al 95'.