Il Como si ripaga Fabregas con soli sessanta minuti di lavoro
Ad accogliere Cesc Fabregas allo stadio Sinigaglia c'erano decine di tifosi del Como. Davanti i più piccoli, dietro i padri, qui e là perfino qualche nonno che di sicuro nel 1985 aveva aspettato in quelle stesse vie della città Josè Guimares Dirceu, l'altro grande acquisto che fu. Le generazioni si uniscono di fronte al grande calciatore che sbarca in una piccola realtà: è il bello del calcio, una storia in cui tutto ciclicamente torna. Certo, i fan più esperti sanno che a Fabregas non si possono chiedere «trenta gol», come invece domanda un giovane accovacciato sulla transenna prima di porgere la maglia per l'autografo: salvo l'annata d'eccezione al Barcellona da "falso nove", Cesc è un centrocampista autentico e più di 19 reti in una stagione (Arsenal 2009/10) non le ha mai segnate. È però giusto e perfino doveroso chiedergli tutto il resto: giocate e leadership. Le prime per entusiasmare i tifosi, la seconda per raggiungere i risultati. Perché il rischio è che Fabregas sia un colpo solo di nome ma non di fatto e che alla giusta euforia per il suo arrivo non corrisponda ciò che questi promette, ovvero «la promozione in serie A».
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AL MONACO 5 PRESENZE
Il dubbio è lecito considerando che Fabregas è reduce da un anno al Monaco con appena cinque apparizioni in prima squadra, per un totale di 117'. Ma ad uno che vanta più di 700 partite tra i professionisti, 14 titoli con i club tra Arsenal, Barcellona e Chelsea, un Mondiale e due Europei con la Spagna, basterà essere al 50% per fare la differenza in B. Anche a 35 anni suonati. Dirceu arrivò quando ne aveva due in meno e non era in una così netta fase calante. Con 31 presenze e 5 reti, trascinò infatti quel Como al nono posto in serie A e alla storica semifinale in Coppa Italia, passando per l'indimenticabile successo sulla Juventus negli ottavi (1-0 a Como, 1-1 a Torino).
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Ma se negli anni '80 e '90 il calcio italiano era l'eldorado, dunque questi colpi ad effetto delle piccole non erano impensabili, ora è la periferia del grande calcio, soprattutto a livello economico. Dunque è difficile ipotizzare come certi campioni, seppur avviati al tramonto, sposino un club di B. Il Como è un'eccezione perché ha offerto allo spagnolo un ruolo da allenatore tra due anni e perché è controllata da SENT, società dell'ampio pacchetto Djarum, cassaforte di una delle famiglie più ricche d'Indonesia, gli Hartono. I fratelli Robert e Michael, secondo Forbes, hanno un portafogli da 23,2 e 22,3 miliardi che vale loro la 64esima e 69esima posizione tra gli uomini più ricchi del mondo. A spanne guadagnano 4 milioni di dollari all'ora, più di quanto costerà Fabregas al Como nei prossimi due anni. Lo spagnolo ha infatti firmato un biennale da quasi 1 milione netto a stagione e grazie al Decreto Crescita non supererà quota 4 per il club. Sull'affare garantiscono personalmente i proprietari tramite una fideiussione, come richiesto dalla Lega per gli ingaggi che sforano il tetto salariale impostato sul 70% rispetto al fatturato. Sui risultati deve garantire Fabregas in persona. Senza questi rimarrà solo il ricordo di una giornata emozionante.
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