Gianni Clerici? Quel giorno in cui John McEnroe... l'aneddoto che spiega il mito scomparso
Quando John McEnroe andò verso di lui, nell'ospitalità del Center Court di Wimbledon, sembrava un giovane capo indiano che si recava dal suo sciamano. Con deferenza e rispetto, salutò l'uomo anziano come si fa con una persona cara e cominciò a parlare fitto fitto, tenendogli il braccio.
Questa è stata la prima volta che abbiamo capito chi fosse Gianni Clerici, lo scrittore-poeta prestato allo sport che si è spento ieri a Bellagio, sul lago di Como, all'età di 91 anni (ne avrebbe solcati 92 il 24 luglio prossimo). È stato un gigante della penna, un fuoriclasse della grammatica, un campionissimo della logica. In poche parole, scriveva come un Dio e proprio gli dei del tennis che aveva descritto per decenni con raro talento, ne erano ben consci. A cominciare da McEnroe. Il ruolo di giornalista, d'altra parte, è sempre andato stretto a questo fiorettista dell'italiano meravigliosamente vergato, così come il ruolo che aveva occupato da sportivo praticante, dapprima nei boys del Como Calcio e poi come Prima Categoria del Tennis Club della sua città. Vinse titoli juniores e solcò persino i sacri campi in erba di Wimbledon e Roland Garros, prima di lasciare la racchetta e imbracciare l'Olivetti lettera 32.
FUORICLASSE
Clerici era qualcosa di più di un cronista, era lo "scriba" per eccellenza del tennis, apparteneva alla ristretta cerchia dei fuoriclasse della penna, come erano stati l'altro Giuan, ovvero Gianni Brera, e Marietto Fossati, il Virgilio del ciclismo. Tutti e tre componevano, negli anni '70, la formidabile redazione sportiva del Giorno.
Uno più bravo dell'altro. Un bel giorno Clerici pensò bene di raccontarlo in televisione, lo sport, soprattutto il tennis. E quella fu la sua scelta più felice. I suoi Gesti bianchi su Repubblica erano sì pennellate d'autore, male telecronache vissute a fianco di Rino Tommasi- con il quale componeva la più complementare formazione di doppio al microfono musica celestiale per le orecchie di chi seguiva il Roland Garros, Wimbledon e gli altri tornei nel mondo. Memorabile la telecronaca della finale di Wimbledon 2008 tra Nadal e Federer. Pura poesia al microfono.
Unico italiano insieme a Nicola Pietrangeli a essere inserito nella Hall of Fame del tennis, Clerici è passato alla storia anche per i geniali soprannomi coniati: Orso Borg, Serenona Williams, Stefanello Edberg, la Divina Suzanne Lenglen, Gattone Mecir. Una categoria di tennisti, però, non sopportava: i pallettari stile Vilas e Wilander. E sospettiamo non amasse neppure tanto il tennis di Djokovic. La pagina bianca o la telecronaca perfetta, per lui, voleva protagoniste la racchetta di Laver, di McEnroe, di Federer, i tennisti più ammirati da questo scrittore che ha sempre avuto nel cuore quel ramo del lago di Como.
ENCICLOPEDIA
Il suo "500 annidi tennis" è tuttora un'enciclopedia di vita oltre che dello sport. Ma Clerici ebbe modo di vergare anche raccolte di racconti (Australia felix), poesie (Postumo in vita) e saggi storici (Mussolini L'ultima Notte). «Mi manca già», ha commentato ieri sera Pietrangeli. Anche a noi. Avviso ai naviganti che iniziano il mestiere di giornalista: guai a imitare fuoriclasse della penna come Clerici. Si farebbe immediatamente una figuraccia, cadendo nel ridicolo. Rileggiamoli soltanto.