Soffermarsi sulla questione-gioielli, senza però troppo focalizzarsi sul tema della sicurezza in pista. La Fia ha fatto la voce grossa contro anelli, piercing, orologi e quant’altro, facendosi però trovare impreparata riguardo all’asfalto di Miami e sulle barriere di protezione, dove la Ferrari e l’Alpine di Carlos Sainz ed Esteban Ocon hanno battuto violentemente contro il cemento tra venerdì e sabato scorsi. Lo stesso francese, inoltre, ha detto di aver gareggiato al 50% delle sue condizioni fisiche. Fatti che non sono piaciuti a Lando Norris, che ha espresso preoccupazione dopo quanto accaduto a Miami: “Penso che al Montmeló noi piloti discuteremo con la Fia — ha detto il britannico —. Noi impariamo dai nostri errori, spero che loro facciano altrettanto”.
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Che poi ha tuonato di fronte ai media: “Capiamo certamente di più rispetto a chi non guida le vetture e credo sia importante che i nostri consigli siano recepiti — ha detto il britannico di Bristol —. È già successo che avanzassimo richieste inascoltate. È capitato ancora a Miami ed è andata ancora peggio. Siamo noi a guidare, ne sappiamo molto più di loro e devono ascoltarci. Al momento, sembra che non veniamo ascoltati”. Insomma, per la Federazione internazionale non sono stati mesi facili: dall’allontamento di Michael Masi dopo il polemico finale di stagione ad Abu Dhabi tra Red Bull e Mercedes, al missile che ha colpito una raffineria di petrolio a Jeddah alla seconda gara del Mondiale. Tanto che allora, il presidente della Federazione, Mohammed Bin Sulayem, e il Ceo della F1, Stefano Domenicali, hanno dovuto convincere i piloti a correre, visto che molti di loro non volevano farlo.