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Salvatore Bagni: "il Milan ringrazi Maignan, Inter e Napoli si sono buttate via"

Leonardo Iannacci
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«Questa è la stanza dove dormiva Diego qui a Cesenatico. Era sempre accolto come uno di famiglia, da noi trascorreva giornate sempre serene, dimenticava i propri demoni. In un cassetto ho un video privato di una trentina di ore, girate tutte qui a casa mia, nel quale sorride sempre». Salvatore Bagni, ex campione sanguigno di Perugia, Inter, Napoli, nazionale azzurro e oggi stimato mediatore e consulente di mercato, rende la sua voce dolce quando nomina il Pibe de Oro. Insieme a Maradona, Salva (così lo chiamava l'asso argentino) ha vinto uno scudetto e coltivato un'amicizia speciale dal 1985, anno in cui i due si conobbero a Napoli. Una simbiosi nata da una frizione tra i due, come spesso accade, poi sfociata in un rapporto unico. Bagni lo ha raccontato nel libro Che vi siete persi... (Sperling&Kupfer) scritto a quattro mani con Bruno Giordano per celebrare lo scudetto conquistato a Napoli nel 1987 e per raccontare quelle stagioni indimenticabili durante le quali Maradona era al centro di tutto.

Bagni, Diego era la pietra angolare di quell'epopea?
«Certamente. In campo era prezioso, carismatico, altruista, ma anche umile e generoso. Per la gente di Napoli incarnava il genio della lampada, per me era un fratello. L'ho frequentato per anni, ero il suo riferimento. Quando passava in Italia, non dimenticava mai di passare da Cesenatico dove si sentiva protetto da tutto».
Anche dai suoi vizi? 
«Soprattutto... Ricordo giornate soltanto belle con Diego, pulite, durante le quali era veramente a posto. Un Natale si presentò con una tribù di 15 persone: c'erano la moglie Claudia, le figlie ma anche gente che non avevo mai visto».
Come conviveva, Diego, con il proprio lato oscuro?
«Sapeva tutto, consapevole di essere autodistruttivo, di farsi del male. Una sera lo vidi malinconico, mi guardò: Salva, io vorrei farcela ma non è così semplice, sai?».
Impossibile aiutarlo, vero?
«Nel 2005 mi inventai una scuola calcio con il suo nome qui a Cesenatico, lo feci per allontanarlo dalle tentazioni. Trascorse settimane bellissime, sul campo era tornato il bambino di Lanos, si divertiva. Smise persino di drogarsi, quell'anno».
Ma Diego ha fatto il possibile per non farsi morire?
«Viveva una situazione molto complicata. Quando era a Cesenatico l'ho sempre visto a suo agio, sereno. Un giorno si presentò entusiasta, dimagritissimo. Salva, mi disse, sono andato a Cartagena e ho fatto una strana operazione all'intestino, me lo hanno rivoltato e ho perso 40 chili. Sto da Dio!».
La città di Napoli lo idolatra tuttora ed è rimasta affezionata a tutti i cavalieri che, il 10 maggio 1987, fecero l'impresa. Oggi però è depressa per l'ennesimo scudetto buttato... 
«Incredibile come la squadra di Spalletti abbia gettato via un tricolore che poteva e doveva essere vinto. Insieme all'Inter era la più dotata di talento».
Di chi la colpa? Di Spalletti? 
«Non solo. Luciano ha le responsabilità che deve avere il comandante di un esercito sconfitto e Mertens ha ragione nel recriminare. Ma per vincere non bastano tattica e tecnica, è mancato è il carattere. Senza personalità e cattiveria non si va da nessuna parte. Fuori campo io ero il Dottor Bagni, ma al fischio d'inizio diventavo Mister Hyde». Chi vince lo scudetto? «Darei il 55% per cento di possibilità al Milan, il lavoro di Paolo Maldini è stato straordinario». L'Inter non molla, però... «Ha un calendario agevole, vero, ma 2 punti in meno sono pesanti». I possibili giocatori jolly? «Nell'Inter Brozovic, quando è mancato la squadra è crollata. Nel Milan dico Maignan, mi ricorda Zenga: come Walter non ha paura di prendersi responsabilità. E poi ha i piedi di una mezzala». Da esperto del mercato, vede un nuovo Bagni nel calcio? «Non giocherebbe mai a causa di tutte le squalifiche che rimedierebbe con il Var! Scherzi a parte, dico Barella. È un cocktail perfetto fra Gattuso e il sottoscritto».


 

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