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Morto Mino Raiola, Luciano Moggi: "Una malattia che non perdona", la rivelazione

Luciano Moggi
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Purtroppo adesso è vero, Mino è morto fulminato da una malattia che non perdona. Mi è arrivata la notizia mentre stavo divertendomi a vedere un Napoli scatenato contro il Sassuolo, e al divertimento è subentrato il dolore perché se ne va un uomo vero, più che un personaggio. Raiola lo avevo tenuto a battesimo, all'epoca in cui era all'inizio di una carriera da procuratore, quando ancora lo chiamavano in tanti "il pizzaiolo", ed io ero il direttore generale della Juve.

Eravamo a stretto contatto perché avevo capito che in quel "pizzaiolo" c'era tanta sapienza calcistica, e nell'uomo furbizia e intelligenza che si fondevano tanto da farmelo apparire come un predestinato. E, tra l'altro a quanti lo chiamavano "il pizzaiolo", io solevo ripetere che Mino parlava correttamente quattro lingue e non era poco per potersi immergere nel mondo del calcio dove dirigenti e giocatori vengono da ogni parte del globo.

 

E non era certamente colpa sua essere nato povero, è stato anzi un suo merito essersi saputo tirar su le maniche cominciando a lavorare da giovane, anche facendo pizze al ristorante, e senza vergognarsi di questo.

Il suo percorso calcistico lo ha poi portato a farsi celebrare proprio da coloro che lo dileggiavano, che alla fine lo hanno eletto addirittura a leggenda, se è vero che hanno fatto a gara a comunicare la sua morte quando era ancora in vita, pur di arrivare primi sulla notizia. Saranno magari gli stessi che adesso celebreranno la sua vita raccontandola come se gli fossero stati sempre accanto, magari fiorettandola anche di episodi, come d'altra parte è successo con Maradona e Paolo Rossi, con i quali il sottoscritto, avendoli vissuti durante la loro carriera, poteva sapere molto di più di coloro che hanno raccontato solo per sentito dire.

A provare il vero dolore per la scomparsa di Raiola saranno invece coloro che gli sono stati sempre accanto, uno per tutti Zlatan Ibrahimovic, e certamente chi vi scrive: persone che con tanta forza d'animo e volontà sono riuscite ad emergere dalla povertà, proprio come Mino. E non vale né per Ibrahimovic e neppure per il sottoscritto il detto che «la riconoscenza è la virtù del giorno prima», perché ricorderete che Zlatan alla festa dei suoi 40 anni pubblicò su Instagram la foto in cui era ritratto proprio Raiola, con Zlatan, chi vi scrive e Galliani e sotto la foto la dedica: «la storia del calcio». E nella storia del calcio c'era coinvolto Mino a pieno titolo. Tant' è che istintivamente mi sono venute alla mente tante cose vissute assieme. Quando, ad esempio, comprai dalla Lazio Pavel Nedved e non lo dissi neppure a lui che ne era il procuratore, perché Pavel era recalcitrante a trasferirsi a Torino e temevo che mandassero a monte il trasferimento visto che avevo già venduto Zidane al Real Madrid.

Mentre Pavel era a Praga, lo chiamai e lo convinsi a venire a Torino a vedere l'ambiente dopo di che poteva anche confermare il suo diniego al trasferimento, ma mi aveva almeno tolto la soddisfazione di aver aderito all'invito. La condizione era un aereo privato da Praga e ritorno senza darne notizia alla stampa. Era però talmente importante il suo acquisto che non potei fare a meno di informare i media circa il suo arrivo a Torino.

 

E quando Pavel arrivò, vicino alla scaletta dell'aereo c'erano una ventina di giornalisti e tv: a Roma gli dettero del traditore e lui, per questo motivo, fu costretto, suo malgrado, ad accettare il trasferimento. La persona che mi aiutò a superare tutte le ulteriori difficoltà fu proprio Mino, perché aveva capito che sarebbe stata la fortuna del ragazzo, come in effetti è stata. Da quel momento è nata l'amicizia vera tra me e Mino, che è rimasta tale fino a quando purtroppo ci ha lasciato. Non meno avventuroso fu l'acquisto di Ibrahimovic. Mino ebbe l'idea geniale di farlo litigare con il capitano dell'Ajax Van der Vaart mettendo in condizioni i dirigenti olandesi di decidere se vendere il capitano o Zlatan: decisero per la vendita di Zlatan facendo la felicità del giocatore, al quale qualche mese prima, bontà di Mino, avevo già fatto firmare l'accordo contrattuale. Riposa in pace, amico mio.

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