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Christian Eriksen torna in campo e risorge a 259 giorni dall'arresto cardiaco: calcio in festa

Christian Eriksen

Leonardo Iannacci
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La luce in fondo al tunnel. Il sorriso dopo il dramma. La vita sportiva riacciuffata quando pareva ormai un'utopia, un'impresa impossibile. E il calcio, finalmente, quello vero, sporco, fatto di corse, contrasti, pallonate, lividi, arbitri con i quali far baruffe, insulti, muscoli sudati. Poco importa se, alla fine, si è usciti dal campo sconfitti dopo lo 0-2 rimediato dal Newcastle. L'essenziale è aver ricominciato qui a Brentford, dopo 259 giorni nei quali si era sprofondati nell'oblio. Da ieri, 26 febbraio 2022, Christian Eriksen è nuovamente un calciatore. Quello vissuto nel piccolo stadio inglese è sembrato davvero un passepartout verso la felicità ritrovata, uno scrigno magico dal quale sprigionare gli attimi che valgono una seconda vita dopo l'addio all'Inter. Per aprire il secondo tempo della propria esistenza sportiva, difatti, Eriksen è stato costretto a trasferirsi in Premier League, campionato nel quale - a differenza della nostra Serie A- è consentito tesserare un giocatore che svolge attività sportiva con un defibrillatore cardiaco sottocutaneo.

 

 

L'INGRESSO
Christian ne ha uno sottopelle, da quando gli è stato impiantato in seguito al drammatico arresto cardiaco del giugno scorso durante Danimarca-Finlandia, match valido per Euro 2020. Michael Papadakis, cardiologo del St George' s University Hospital di Londra, ieri ha rassicurato i dubbiosi: «La vicenda medica di Eriksen è rara, inconsueta, ma sono certo che, in caso di altri problemi cardiaci, sarà proprio il defibrillatore ad evitare guai seri». Sotto un sole limpido e in una giornata fredda come lo possono essere quelle inglesi di fine febbraio, l'ex talento dell'Inter è entrato al minuto 52 di una partita che non dimenticherà mai. Ha pazientato in panchina per tutto il primo tempo, sino al momento in cui Thomas Frank, il suo allenatore, gli ha fatto un cenno quando la squadra, rimasta in dieci, era già sotto per le reti di Joelinton e da Willock: «Ok, vai!». Eriksen ha fatto tacere le farfalle nello stomaco, si è sfilato la tuta in un centesimo di secondo, poi ha completato il riscaldamento mentre lo stadio ribolliva per lui. È entrato in campo al posto di Jensen, il compagno di squadra che, ironia della maligna sorte, lo aveva sostituito durante il famigerato Danimarca-Finlandia. Come aveva sognato di fare per giorni, settimane, mesi, ha fiutato l'erba e ha accarezzato quel verde giardino magico. Non ha giocato sopra le righe: ha toccato una quindicina di palloni, ha cercato il dialogo con i compagni, ha servito due assist, ha costruito trame per un'impossibile rimonta, si è persino arrabbiato con l'arbitro per una decisione avversa. Insomma è tornato, in 40 minuti di vero football, un giocatore. «Non potete immaginare la mia emozione, sono alle stelle. Mai stato così felice dopo una sconfitta».

 

 

LA MOGLIE
Dalla piccola tribunetta dello stadio Sabrina ha gioito per e con lui: la moglie di Christian non poteva mancare, ieri, insieme ai figli di 4 e 2 anni. Nove mesi fa, la ricordiamo abbracciata da Kjaer e da altri giocatori della Danimarca mentre la barella stava portando fuori il suo Christian e tutti si portavano le mani nei capelli, temendo il peggio. Ieri, Sabrina era confusa e felice. «Sono contento per Christian, per la sua famiglia, per chi ama il calcio. È stato un momento bellissimo», ha commentato alla fine l'allenatore Frank, emozionato malgrado il ko che compromette la corsa alla salvezza del suo Brentford, ora quintultimo con 24 punti. Ma sono stati davvero in pochi, ieri, a pensare alla classifica. Non lo ha fatto, pensiamo, Eriksen che la partita più importante- banale dirlo, ma è così - non l'ha vinta, ma stravinta. Prendendo perla coda il diavolo e rimandandolo all'inferno. 

 

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