Inter-Milan, derby scudetto. Demetrio Albertini: "Ecco chi sarà decisivo"
Quando si incontrano uomini di calcio intelligenti come Demetrio Albertini, esplorare i temi di un derby-scudetto come quello di stasera può assumere connotati intriganti. Con 5 tricolori, 3 Champions, 2 Coppe Intercontinentali e una Liga spagnola con il Barça in bacheca, l'ex regista della squadra degli Invincibili di Sacchi e, poi, di Capello ha molto da approfondire. Stracittadine al Meazza ne ha giocate a decine e molte ne ha vinte. Sa come si fa.
Albertini, lei era spesso abituato ad uscire dal campo trionfante dopo un derby: teme l'esito di quello odierno? L'Inter è favorita, no?
«Da brianzolo che ha vissuto nel grande Milan e che lo ha amato sin da bambino, sì. Però le stracittadine strofinano i nervi di chiunque».
Tre mesi fa il Milan si presentò al derby d'andata con 7 punti di vantaggio, ora è sotto di 4...
«E l'Inter ha una gara in meno e giocatori più blasonati...».
Allora se vince, Inzaghi chiude il discorso scudetto?
«Il Milan si gioca tutto, l'Inter tanto: ma riparliamone stasera».
I due giocatori che possono risultare decisivi?
«Leao per il Milan, Dzeko per l'Inter».
Peseranno, nel Milan, le molte assenze?
«Ibra out è una brutta notizia. Ma in un derby non possono esistere alibi».
Lei era un centrocampista centrale impeccabile, un metronomo. Come vede i pari-ruolo odierni?
«Io ero un po' statico, occupavo meno spazi rispetto a quello che viene chiesto oggi. Brozovic, nel 3-5-2 di Inzaghi, sta giocando la sua miglior stagione da quando è in Italia ma è Tonali il centrocampista che mi incuriosisce di più. Può muoversi in tre ruoli: mezzala, regista o dietro le punte. Diventerà l'architrave del futuro, nel Milan e in nazionale».
Tra i derby giocati, quale ricorda con maggiore soddisfazione?
«Nel 1995 l'Inter ci stava rimontando in classifica, e nel derby vinceva 1-0. Con tenacia riuscimmo a pareggiare con Massaro, fu il gol decisivo per lo scudetto. Rammento anche un bel 5-0, l'anno dopo».
Il segreto di quel Milan?
«L'affollamento di giocatori pazzeschi e il senso di appartenenza. Con Baresi, Costacurta, Maldini e il sottoscritto venivamo dal settore giovanile».
Lei ha accarezzato sia il Mondiale che l'Europeo, arrivando secondo a Usa '94 e nel campionato continentale del 2000. Un suggerimento a Mancini per i playoff?
«Non ne ha bisogno. Ma, come sempre, saranno i giocatori a decidere».
Il suo amico Maldini è uscito dal mercato senza grossi colpi, mentre l'Inter che ha preso Goosens e Caicedo.
«Il Milan ha mostrato come un club deve perseguire un calcio sostenibile, pensate a come è stata gestita la questione Donnarumma. Un'azienda ha il dovere di rispettare certi equilibri gestionali».
Oggi il calcio vive come l'orchestrina sul Titanic. Lei è stato per anni vicepresidente Figc, oggi ne presiede il settore tecnico. Cosa fare perché il calcio non cozzi davvero contro un iceberg?
«In Italia stiamo vivendo una realtà complicata e divisiva. Non brilliamo per unità di intenti come in Germania, Spagna o Francia, dove stanno risolvendo difficoltà di piccoli e grandi club con regole rigide. Non basta dire: portiamo il campionato da 20 a 18 squadre per sistemare le cose. Avverto troppa isteria. Ovunque».
Da uomo di fede, cosa pensa delle bestemmie in campo?
«Segno di maleducazione e presunzione».
E Achille Lauro che si auto-battezza a Sanremo?
«Fare quella sceneggiata per lo show non mi pare granché».
Lei ha contribuito a lanciare il City Padel a Milano, zona Garibaldi. Chi gioca meglio tra lei e Costacurta? Billy si auto-stima molto...
«Non scherziamo, eh...».