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Serie A per pochi, 5mila spettatori: contagi e strategia, tutta la verità sulla decisione (politica) di Lega Calcio

Federico Danesi
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Roma-Juventus e Inter-Lazio, ma anche Juventus-Inter di mercoledì prossimo per assegnare la Supercoppa rischiano di diventare un Gronchi rosa in questo gennaio dedicato al calcio nostrano. Perché almeno loro sono salve, e gli stadi potranno essere pieni per metà. Non così sarà invece per Atalanta-Inter del 16 gennaio e Milan-Juventus che chiuderà il programma della 23esima di Serie A, il 23. Perché la Lega di A ha deciso e nessuno può tornare indietro: piuttosto che niente, meglio limitare al minimo i danni e ridurre la capienza degli stadi a 5000 spettatori, con le stesse regole che hanno garantito l'affluenza fino ad oggi. Impossibile tagliare la capienza nel weekend, che diventerà decisamente lungo con alcune partite come Torino-Fiorentina slittata a lunedì alle 17 dopo la decisione di diversi Tar regionali. La Lega aveva ragione, le Asl no e quindi tutti in campo ma pochi sugli spalti. Volendo essere cattivi, perla squadra di Cairo cambia poco ché in questa stagione a prescindere dalla capienza l'Olimpico-Grande Torino ha fatto registrare voragini sugli spalti. Ma in generale è l'unico modo per non far irritare il governo e tamponare le perdite. 

 

LA "MINACCIA"
Già venerdì, con la mediazione del presidente della Federcalcio Gravina dopo l'aut aut del governo, le frizioni tra presidenti erano diventate carezze, perché il rischio di tornare agli stadi chiusi (e botteghini vuoti) era concreto. Il premier Draghi non l'ha detto apertamente, ma l'ha fatto capire in modo chiaro anche nella telefonata al numero uno della Figc: se il calcio non fosse stato in grado di autoregolarsi e dare un segnale forte, quella mossa l'avrebbe fatta Roma e nessuno sarebbe tornato indietro. E dunque quella mossa è arrivata alla fine di una riunione convocata d'urgenza per far fronte all'emergenza Covid. Tutti in videoconferenza, ma anche tutti d'accordo nel limitare i danni in attesa che da Roma arrivino nuove dritte e possibilmente anche nuovi fondi per un calcio in profondo rosso da tempo, non solo causa Covid. Ecco come nasce la capienza a 5000 spettatori, con tutti i settori riservati agli ospiti chiusi, facendola apparire come l'unica soluzione percorribile in corsa per anestetizzare le Asl senza andare sempre a bussare alle porte del Tar. Tutto sarà più chiaro la prossima settimana ma intanto la decisione è stata approvata all'unanimità. Quindi per le due giornate del 16 e 23 gennaio accesso limitati negli impianti, aspettando la pausa per le Nazionali e un aggiornamento che, gioco forza, arriverà in vista della ripresa fissata per il 6 febbraio. Non è il massimo, ma se i presidenti si guardano in giro è ancora abbastanza. La Bundesliga ha chiuso gli stadi da settimane, la Premier League no e in medio stat virtus, o meglio nei compromessi che sono da sempre il sale della politica e dovranno diventarlo anche per lo sport. Draghi voleva una risposta, è arrivata bocciando da subito l'idea delle porte chiuse che l'esecutivo agitava come spada di Damocle sulla testa del calcio. 

 

VERTICE MERCOLEDÌ
A tirare le fila, certamente Juventus, Milan e Inter che spingevano fin da venerdì per un accordo e per mostrare uno spirito collaborativo anche a quella parte di Roma che li osservava (soprattutto quella che fa capo al ministro della Salute, Speranza, quello del «si parla troppo di calcio»). Il suggerimento di considerare l'ipotesi delle porte chiuse ha avuto l'effetto di un tonificante e un biglietto da visita con cui presentarsi al tavolo delle trattative tra qualche giorno. Martedì 11 è in programma un primo tavolo tecnico che getterà le basi per la riunione tra la Conferenza Stato-Regioni e la Lega Serie A del giorno successivo, fortemente voluta dal sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali. L'obiettivo è trovare regole uniformi per garantire la regolare prosecuzione del torneo e bypassare le Asl. Per ora quindi, avanti così e le componenti del calcio applaudono. «Credo che questa decisione della Lega Serie A sia stata presa di concerto con il Governo, in attesa del confronto. Per le società si tratta di un grosso sacrificio, ma la realtà dei contagi in rapida ascesa non lasciava altre strade», spiega il presidente dell'Assoallenatori, Renzo Ulivieri. E Umberto Calcagno, numero uno di Assocalciatori, si adegua: «In serie A continuiamo a patire l'ingolfamento strutturale dei calendari, quindi una eventuale sospensione temiamo possa incidere sul format e sull'equilibrio economico di tutto il sistema». Meglio pochi e buoni, allora. 

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