Inter-Juve, il barocco di Inzaghi contro l'Allegri-minimal: derby d'Italia, i segreti dei mister
L'obiettivo di Inter e Juventus è comune, il modo per arrivarci è opposto. Quella di domenica (alle 20.45, in un Meazza che ritrova il derby d'Italia col pubblico dopo tre anni) è una sfida tra squadre opposte e complementari. Quella di Inzaghi è rotonda, ha una manovra elaborata e pensa prima a offendere che a difendere. Quella di Allegri, al contrario, è verticale, diretta e più attenta a non subire reti che a farne. Punto di contatto: la metamorfosi rispetto alle gestioni precedenti può dirsi terminata per entrambe. Che sia un'evoluzione o un'involuzione, poi, dipenderà dai risultati, finora non all'altezza dello scudetto per nessuna delle due: i punti di distacco dalla vetta del Napoli sono infatti 7 per l'Inter e 10 per la Juve, il che offre pepe aggiuntivo allo scontro diretto.
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Ma è probabile che il rodaggio sia passato per entrambe e che il meglio, quindi, debba ancora venire: l'Inter non è più di Conte come la Juve non è più di Pirlo e Sarri. Inzaghi è barocco e ha trasformato la squadra in una macchina offensiva. Sono tanti gli 11 gol subiti (in 8 partite) di campionato ma anche i 23 segnati (miglior attacco della A), quasi il doppio della Juve (ferma a 12), giusto per ribadire la diversità di vedute.
L'ex Lazio non ha mai vinto 1-0 in stagione, in una sola occasione ha ottenuto i tre punti con un gol di scarto (2-1 in rimonta con il Sassuolo) e soltanto due volta su 11 ha tenuto la porta inviolata: alla prima giornata di A (4-0 al Genoa) e alla seconda di Champions (0-0 con uno Shakhtar ancora a secco). Il minimalista convinto Allegri fa capire che questa Juve non è sua, ma mente sapendo di mentire: tra Champions e campionato, ha vinto infatti le ultime 4 partite (Chelsea, Torino, Roma, Zenit) 1-0. Dopo due anni di ricerca del gioco, in casa bianconera è tornata di moda la teoria del «corto muso», per cui sempre tre punti sono anche se lo scarto è minimo: su 282 gare sulla panchina bianconera, Max ha raccolto 198 vittorie di cui il 44% con un solo gol di scarto e ben il 23% con il risultato di 1-0.
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La diversità è confermata dai numeri della carriera. Inzaghi ha ottenuto dalle sue squadre 2,09 gol a partita, incassandone 1,31; Allegri ha ricavato 1,63 reti a gara ma ne subisce solo 0,95. Al netto delle idee differenti, entrambi stanno ora lavorando in funzione delle caratteristiche dei giocatori a disposizione. Il primo non ha più Lukaku e Hakimi, ingranaggi fondamentali perle transizioni, dunque deve azzardare una manovra più corale e esporre la squadra alle ripartenze.
Il secondo, al contrario, sta valorizzando i mille contropiedisti (Chiesa, Cuadrado, Morata, Kean) e proteggendo i centrali (Bonucci, Chiellini, De Ligt) e i centrocampisti con una difesa di blocco più basso. Valorizzare le qualità dei calciatori è sinonimo di allenare. Infatti il rendimento di Inzaghi (348 panchine) e Allegri (632) in carriera è simile e buono: 57% di vittorie per il primo e una media di 1,86 punti a gara, 56% per il secondo e media di 1,90. Inter-Juve è tutta nuova: quale sarà il nuovo rapporto di forza?
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