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Gigio Donnarumma, "che vergogna i fischi"? Fabrizio Biasin a valanga: perché non avete capito niente

Fabrizio Biasin
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Si parla assai dei fischi a Gigio Donnarumma e «che vergogna i fischi a Donnarumma!». Ne discute chiunque, persino giornalisti seri, mica noialtri dello sport. Scrivono cose tipo «i fischi a Donnarumma sono come gli ululati a Koulibaly!». E così facendo parificano l'incazzatura del tifoso tradito, all'imbecillità del tifoso razzistello. Robe da matti. Qui diciamo la nostra, che vale come tutte le altre opinioni, ovvero molto poco, perché in questi casi non c'è una «vera verità» e ognuno ha diritto di pensarla come crede.

 

Quei fischi lì, quelli che hanno preceduto, accompagnato e chiuso Italia-Spagna dell'altra sera, non erano destinati solo a Donnarumma, ma a tutto quello che rappresenta Donnarumma in questo preciso momento storico: erano rivolti all'arroganza notoria e reiterata del suo agente e di tutti coloro che, da ormai troppe stagioni, calpestano qualsivoglia principio di riconoscenza; erano dedicati al famigerato "Palazzo" che si riempie la bocca con gli slogan («Il calcio è dei tifosi!») ma in realtà se ne fotte allegramente e lascia che il grano sia l'unica benzina capace di alimentare siffatto carrozzone.

 

Quei fischi, signore e signori, avevano tante ragioni - alcune meno nobili di altre, per carità - ma banalizzare, ridurre tutto a «che vergogna i fischi al povero Gigione, non si fa!», significa non aver compreso quanto la gente sia stufa. Stufa soprattutto che a lorsignori sia concessa qualunque cosa (la ribalta, i quattrini, la libertà di fare promesse e calpestarle), mentre a loro non sia concesso nulla, neppure il diritto di dire «ci hai deluso, tu e tutto quello che rappresenti, e te lo diciamo con un fischio».

 

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