Anthony De Avila, arrestato a Napoli il mito del calcio sudamericano: come campava oggi a 58 anni
Dal Mondiale di calcio all'arresto per narcotraffico: è la sconcertante parabola di Anthony De Avila, finito in manette a Napoli con l'accusa di traffico di droga internazionale. Non si tratta di un nome qualunque: 58 anni, è stato una leggenda dell'America di Calì e del calcio sudamericano, ha indossato la maglia della Colombia ai Mondiali di Usa 1994 e Francia 1998 ed passato alla storia come Pufito, "il Puffo", un "nanetto" dallo straordinario fiuto per il gol.
Accanto al pallone, però, amicizie pericolosissime come molti giocatori colombiani della sua generazione, dal portiere showman René Higuita (amico personale del boss Pablo Escobar) fino al povero Andres Escobar, difensore della nazionale ucciso dopo il Mondiale americano (non è mai stato chiarito del tutto se per una banale rissa, una folle vendetta per l'autogol decisivo che ha decretato l'eliminazione dei Cafeteros o se, peggio, come ritorsione dei narcos per le scommesse andate in fumo). De Avila era intimo dei potentissimi esponenti del clan di Calì, che negli anni 80 scatenò una guerra senza esclusione di colpi con il cartello di Medellin di Escobar, che aveva ripercussioni anche sportive (l'America contro il Nacional, le due espressioni calcistiche dei re della droga).
De Avila era latitante da 17 anni, dal 2004, anche se nel 2009, a 47 anni suonati, si era tolto lo sfizio di giocare proprio con l'America. Rintracciato dagli agenti del commissariato Vicaria-Mercato della Polizia di Stato mentre si trovava in piazza Enrico De Nicola, a Porta Capuana, nel cuore di Napoli, come se nulla fosse nonostante dal 22 dicembre del 2004 fosse ricercato in Italia per traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e per traffico e produzione di sostanze stupefacenti, reati commessi a Napoli e a Genova nel 2001.
In patria, come molti altri giocatori, De Avila non aveva mai rinunciato a dichiarazioni pubbliche nei confronti di questo o quel boss. Ad esempio, come ricorda Fanpage.it, dopo una vittoria con la nazionale colombiana durante le qualificazioni ai mondiali di Francia aveva dedicato il successo ai fratelli Miguel e Gilberto Rodriguez, condannati a 11 e 23 anni di reclusione, per vari reati, tra cui il traffico di stupefacenti.