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Euro 2020, l'arma in più per l'Italia si chiama Spinazzola. E ora Inter e Juve si mangiano le mani

Claudio Savelli
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Dopo dieci minuti di gioco di Turchia -Italia, Roberto Mancini si rivolge a Leonardo Spinazzola, l'azzurro a lui più vicino: «Puoi spingere, Leo». Via libera. Il ct ha verificato che la strategia della Turchia rispettasse i pronostici, banalmente difesa e contropiede, per sganciare l'asso nella manica. Spinazzola, che fino a quel momento era stato terzino di nome e di fatto, bloccato sulla linea difensiva, abbandona la posizione di partenza e si trasforma in un altro giocatore, un'altra cosa: un esterno a tutta fascia, come si usa dire in covercianese, o un treno, come dicono nei bar sport. È la cartina tornasole dell'Italia di Mancini. Perché come lei è unico. Non ha simili, Spinazzola, non è un terzino né un'ala, è un esterno di piede destro si rifiuta di giocare sul lato forte. Vuole correre a sinistra perché parte dal basso, accumula inerzia e, quando arriva sul fondo, può liberamente interpretare il ruolo come se fosse un'ala tecnica che non crossa, semmai punta l'uomo, dribbla e crea occasioni al centro.

 

 

Non conclude, Spinazzola, e se lo fa spesso mastica il tiro - forse l'unico difetto da segnalare nella convincente prestazione contro la Turchia -, preferisce alzare la testa e servire i compagni, dopo aver divorato uno, due o tre avversari. Tatticamente è fuori dal calcio. Basti pensare che è un'invenzione di Gasperini, e chi lo è solitamente fatica a trovare collocazione in altre squadre. Fonseca gli aveva di fatto costruito la Roma attorno: pur di esaltarlo è passato al 3-4-2-1. E Mancini, pur di non rinunciare alle sue qualità- essenziale un esterno che salti l'uomo alle spalle di Insigne, il quale a sua volta può convergere al centro come nel Napoli di Sarri- l'ha trapiantato in un 4-3-3 che ruota in fase offensiva in un 3-4-3, che lo libera sulla fascia. Può funzionare e funziona, nell'Italia del Mancio, perché il sistema di gioco di par tenza non è quello di arrivo: quando Spinazzola ha abbandonato la zolla difensiva, Florenzi sul versante opposto si è bloccato, diventando il terzo centrale, e Di Lorenzo ha fatto lo stesso, seppur con qualche licenza offensiva in più, nella ripresa, dove il giallorosso era ancor più arrembante. L'Italia ha trovato la sua unicità in una specie di nuovo Zambrotta, che nei Mondiali 2006 fece la differenza più di quanto non narrino le cronache. Un falso terzino è difficile da inquadrare per le avversarie, si sotto valuta e per questo diventa decisivo.

 

 

È anche la sua rivincita personale dopo il mancato passaggio all'Inter, che lo dovrebbe rimpiangere visto che a sinistra sarebbe stato perfetto sia con Conte sia con Inzaghi, anche accettando i suoi acciacchi (per via di questi ultimi saltò lo scambio con Politano, già a Roma). E pure la Juve, che lo sbolognò alla Roma per gli stessi dubbi sulla tenuta muscolare, conseguenza della rottura del crociato nel passaggio dall'Atalanta ai bianconeri, ci dovrebbe ripensare: a sinistra ha sempre avuto un buco dietro Alex Sandro, ora per altro in fase calante. Chi gode, oltre agli italiani e a Mancini, è Mourinho. Il nuovo allenatore della Roma, che difficilmente ha usato la difesa a tre nella sua carriera, potrebbe prendere spunto dal ct azzurro: costruire la nuova squadra giallorossa per esaltarlo con una linea a quattro ibrida, e magari un calcio offensivo, che José ha sempre rifiutato ma che nel calcio contemporaneo è più che mai necessario. L'Italia insegna.

 

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