Report, Davide Lippi? "Aggredito, pestato e minacciato di morte": orrore del clan albanese, tutto per una procura
È un vero e proprio terremoto quello che sta travolgendo il mondo del calcio nelle ultime ore. Nel servizio dal titolo Le trame oscure del calcio italiano, andato in onda nella serata di ieri, lunedì 7 giugno 2021 su Report, programma di inchiesta trasmesso su Rai 3, emerge una presunta rete di crimine organizzato che domina il mondo del pallone. Di mezzo, oltre a clan mafiosi, ci sarebbero procuratori, intermediari, ma anche direttori sportivi del calibro di Igli Tare, ds della Lazio. Si parla di cifre stratosferiche che si aggirano intorno ai 2 miliardi di euro. Delle "transazioni finanziarie illecite" nel settore del calcio solo nella stagione 2018-19 e che riguardano in particolare la compravendita di calciatori nelle finestre di calciomercato. Il figlio di Marcello Lippi, Davide Lippi era stato invece malmenato, a quanto si apprende da un clan albanese dopo aver cercato di accaparrarsi la procura di alcuni giocatori.
La famiglia Martiradonna, il clan Capriati a Bari, alcune cosche calabresi e i Santapaola, i siciliani, si sono messi insieme per gestire il calcio scommesse: volevano comprare una società in Albania, i cui proprietari occulti sarebbero i fratelli Tare. #Report pic.twitter.com/fyHVkVUJRl
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Lo racconta il procuratore Vincenzo Morabito, ripreso a sua insaputa dalle telecamere di Report all'interno di un ristorante. "Ha provato a prendere uno di quei giri là e l'hanno..." sostiene Morabito, facendo intendere a gesti che Davide Lippi fosse stato aggredito. "Perché fanno così - aggiunge il procuratore - mi ricordo Riso che cercava di combinare con un giocatore e gli arriva questa telefonata e lui e diventa bianco e se ne va via. Quello che stava con me, un collaboratore di Salerno, gli va dietro". Morabito racconta poi di aver chiesto a Beppe Riso cosa fosse successo. "L'hanno chiamato e minacciato che lo ammazzano. Era quella banda lì, soltanto perché aveva cercato di prendere un giocatore".
Davide Lippi, figlio dell'ex ct Marcello, fu aggredito per aver provato a prendere il giocatore sbagliato #Report pic.twitter.com/vYWyOXCLV6
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Tra i "big" coinvolti spiccano i nomi di Igli Tare e il super-procuratore Mino Raiola. Entrambi hanno prontamente smentito le accuse di Report. "È una vergogna che la televisione di Stato, usando soldi pubblici, possa raccontare tante falsità" ha commentato Mino Raiola. Al centro dell'inchiesta ci sarebbe l'indirizzo della società maltese Three Sport News di Raiola che, per gli autori, consiste in un indirizzo fantasma di una società fittizia. Raiola denuncia un servizio a tesi e una sede "che non hanno voluto o saputo trovare". Ricostruzione contestata dal conduttore della trasmissione, Sigfrido Ranucci che ha commentato: "È lo stesso indirizzo che viene riportato nei documenti ufficiali della Federcalcio e che fa fede per i controlli fiscali sulle operazioni di mediazione. E Raiola da mesi, nonostante i ripetuti inviti, non ha mai voluto rispondere alle domande di Report".
In Italia, il procuratore Mario Giuffredi rimane coinvolto in un'indagine per riciclaggio. Giuffredi è uno dei primi agenti italiani, ha 30 giocatori per un valore di mercato di oltre 200 milioni di euro. Lo andiamo a trovare nel suo quartier generale a Napoli. #Report pic.twitter.com/fSNlG6kRT3
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Secondo il programma, Igli Tare sarebbe invece proprietario occulto insieme al fratello Genti, console albanese in Turchia, di una agenzia di calcioscommesse albanese, la Top Bast. Accuse altrettanto smentite dal ds biancoceleste che si è detto "assolutamente estraneo alla società rispetto alla quale non è titolare di alcun interesse diretto o indiretto". Tare smentisce anche un altro passaggio dell'inchiesta, che riporta il tentato acquisto della Top Bast da parte del clan Martiradonna, "operazione di cui - spiegano i legali in una nota - ignora qualsiasi informazione". Nell'inchiesta della procura della Repubblica di Bari i fratelli Tare non risultano indagati. Il fascicolo era stato poi inoltrato alla procura federale nel 2018 che, tuttavia, aveva ritenuto scarse le prove per avviare un'indagine sulla posizione del dirigente della Lazio.