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Superlega? Moggi: la versione dell'Uefa non racconta la verità sul calcio

Luciano Moggi

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Amici lettori, il calcio è veramente in crisi di idee e di quattrini: il virus sembra aver influito negativamente in entrambi i casi, ma soprattutto sulla testa di chi dirige una baracca che sembra stare in piedi perché tira vento da quattro parti. Sissignori è proprio così, e purtroppo l'ipocrisia è entrata di prepotenza nel mondo del pallone. Pensate al caso Superlega. I primi a contestare la propria società sono stati giocatori e l'allenatore del Liverpool, e adesso anche Guardiola (mister del Manchester City) ha criticato il suo club al grido che «il calcio è dei tifosi e io li seguo». Belle parole indubbiamente, piene di romanticismo che fa presa, ma solo parole. Secondo noi Pep è più innamorato dei 30 milioni annui che percepisce, il resto è poesia. 

 

Infatti, nonostante sappia che gli stipendi di giocatori e allenatore gravano sulla società per il 70% degli introiti annui, ha avuto il coraggio di criticare i suoi dirigenti perché vanno alla ricerca di maggiori ricavi per fronteggiare le maggiori spese. Un romantico un po' sui generis questo Guardiola. Forse potrebbe essere il momento di mettere un tetto agli stipendi per evitare che gente come lui si innamori perdutamente di questo sport solo perché gli permette adesso di prendere cifre che in altri tempi erano impensate. 

A proposito della Superlega, Andrea Agnelli è ancora sulla graticola, mentre il rossonero Maldini ha detto «Non sapevo niente», come se fosse stato by-passato nell'occasione da altri dirigenti. Siamo stati poi informati che non era stato possibile intervistare Gazidis perché impegnato in colloqui di alta strategia con Joe Biden (si era nascosto sotto il tavolo per non farsi trovare). Meglio sicuramente Marotta, che ha avuto modo di esprimersi. Piano quindi conle critiche: sarebbe forse più utile immaginare cosa potrebbe essere il calcio in Italia senza Inter, Juve e Milan. Che, tra l’altro, hanno avuto il coraggio di scoperchiare un pentola maleodorante (tutti lo sapevano ma nessuno lo diceva), mettendo in mutande Infantino e Ceferin che sanno solo ripetere come nella maggior parte dei casi il dissesto avvenga per il pressappochismo di alcuni dirigenti impreparati: può anche essere vero, ma solo in qualche caso. 

 

Poi però, nell’enfasi di dar forza ai loro concetti, incorrono in gravi errori di merito citando tra l’altro Atalanta, Lazio, Napoli, assurte ai vertici del nostro calcio perché parsimoniose e sane nei bilanci. Giudizio che ci trova d’accordo ma solo nel confermare come esse siano effettivamente gestite oculatamente. Però i due dovrebbero anche dirci la differenza che esiste tra le tre che citano rispetto a Inter, Juve e Milan. Perché quest’ultime sono condannate a vincere, non possono vendere i pezzi migliori per far cassa, devono anzi acquistare campioni là dove difettano in qualche ruolo. Mentre Atalanta, Lazio e Napoli se riescono a qualificarsi in Champions è come se vincessero un campionato, e possono vendere i migliori e far cassa. Obiettivi opposti. Oggi intanto l’Inter riceverà il Verona, reduce da tre ko. Favoriti i nerazzurri che vedono sempre più da vicino il tricolore. Impazza la Milan che ha comandato la classifica per metà campionato. 

Sembra in gioco finanche la Lazio, se domani dovesse battere proprio il Milan all’Olimpico e sempre che faccia i tre punti nel recupero col Toro. Sulla carta più facile l’impegno dell’Atalanta contro il Bologna, più duro il compito del Napoli sul campo del Torino: entrambe in forma, dovrebbero dare vita ad un incontro combattuto e il pari sembra il risultato più probabile. Sarà tosta per la Juve al Franchi contro la Fiorentina: i bianconeri non possono permettersi di fallire la qualificazione Champions e sono favoriti.

 

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