Superlega, salta tutto. Riunione nella notte, lasciano i club inglesi. Il tam tam su Andrea Agnelli: "Si dimette"
La Superlega è già finita, la rivoluzione-farsa è durata appena 48 ore. Dopo una drammatica riunione d'emergenza notturna con i rappresentanti dei top club che hanno sfidato l'Uefa, si parla già di "rimodellamento". E a rischiare ripercussioni devastanti sono ora i due leader della manovra politico-sportiva, il presidente del Real Madrid Florentino Perez e quello della Juventus Andrea Agnelli.
L'accelerazione è arrivata nella serata di martedì. I primi a rinunciare al progetto di una Superlega europea stile Nba, con 15 "club fondatori" a presenza fissa e 5 inviti a stagione, al di fuori dei vincoli dell'Uefa, sono stati i club inglesi. A pesare le bordate politiche di Boris Johnson, la rivolta massiccia dei tifosi, arrivati a minacciare rappresaglie contro le proprietà (spesso straniere) degli storici club coinvolti, ma soprattutto la borsa allargata dalla Uefa: si parla di una nuova Champions Leage da 7 miliardi, soldi freschi che si aggiungeranno alla pioggia di introiti già garantiti dalla Premier League. Insomma, Arsenal, Chelsea, Liverpool, Tottenham e i due club di Manchester avevano poco da guadagnare e quasi tutto da perdere. Chelsea e City sono stati i primi a sfilarsi (non a caso, fa notare qualcuno, sono anche due semifinaliste dell'attuale Champions League, le altre sono il Real e il Psg che non aveva aderito alla Superlega), l'Arsenal addirittura ha ammesso sui social: "Abbiamo sbagliato, chiediamo scusa". Una resa incondizionata, insomma. E nella nota in cui si annuncia il "rimodellamento" della Superlega si sottolinea proprio di "pressioni per fare uscire" le inglesi dal lotto.
A ruota, è arrivato il mezzo passo indietro del Barcellona, che ha dichiarato di voler far ratificare la scelta ai soci. Trattandosi di azionariato popolare, con il 95% dei tifosi contrari, il no era scontato. Una mossa alla M5s-Rousseau che ha fatto definitivamente saltare il banco. E le italiane? Resta in silenzio solo la Juve. Dalla riunione iniziata alle 23.30 filtravano voci di una rinuncia del Milan, ma è l'Inter la prima ad ufficializzarla: "Il progetto allo stato attuale non è più ritenuto interessante", si legge in una nota di Suning. Colpi devastanti alla Juve, di fatto, che si ritrova sola a combattere una guerra iniziata con la quasi certezza di vincerla e finita prima ancora di cominciare. Una Waterloo sportiva con pochissimi precedenti e dalle conseguenze, societarie ed economiche, difficilmente immaginabili. Un tam tam impazzito riferiva di Agnelli pronto a dimettersi, per "salvare" i bianconeri. Per ora, tutto smentito Quel che è certo è che come suggerisce Andrea Di Caro della Gazzetta dello Sport, era "difficile immaginare uno tsunami simile in casa bianconera con la zona Champions ancora da conquistare". Più che la figuraccia epocale, sono i timori di ripercussioni sportive ed economiche (occhio alla Borsa, dove ieri mattina le azioni bianconere erano schizzate alle stelle a dispetto delle critiche ricevute da tutti, tifosi, club esclusi, presidenti e Figc) sui già critici conti della Signora a far prevedere un passo indietro del presidente.