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Romelu Lukaku, una manna per l'Inter: ha messo lo zampino nel 40% delle reti nerazzurre

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Claudio Savelli
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«Senza la squadra non sono nessuno», sostiene l'unico imprescindibile della squadra in questione. Tra Romelu Lukaku e l'Inter corre un rapporto di reciproca e sana dipendenza: il primo non sarebbe arrivato a questi livelli senza la seconda, perché solo Conte è stato in grado di costruire una squadra capace di esaltare le sue doti; allo stesso tempo la seconda, senza di lui, varrebbe molto meno. L'equazione è elementare: Lukaku ha messo lo zampino nel 40% delle reti dell'Inter, ha firmato 20 gol e 7 assist nelle 27 presenze in campionato, contribuisce in media ad un gol a partita. Con lui in campo, di fatto, la squadra parte in vantaggio. In cambio, l'Inter gli sta consegnando la possibilità di consacrarsi attraverso lo scudetto: sarebbe il primo grande successo del belga dopo una Pro League e una Coppa d'Inghilterra.

 

 

 

 

Per la cronaca, solo Messi (31), Kane (32) e Lewandowski (42) nei cinque grandi campionati europei hanno un bottino di gol e assist migliore. È la prova del livello a cui è arrivato Lukaku: a 27 anni, è ormai tra i migliori al mondo perché non ha evidenti punti deboli, non più. È ovvio che, se è disponibile, Romelu gioca. Lui più altri dieci anche nel decisivo recupero con il Sassuolo di domani: l'allungo per lo scudetto non può prescindere dal suo principale artefice. Anche perché non esiste un vice Lukaku nella rosa nerazzurra e nemmeno nel panorama europeo, non di questo livello, non con le stesse caratteristiche, che sono uniche.

Grazie a queste ultime, Conte può permettersi di forzarne l'impiego. Il fisico del belga risponde e risponde perché è atipico: nonostante i 191 centimetri, è elastico e aerobico; nonostante i 90 chili, recupera velocemente (anche grazie alla discussa camera iperbarica che ha in casa) e il lavoro sporco non lo porta all'usura.

 

 

 

 

L'Inter può farne a meno, ma non può essere la stessa, dirompente Inter: nelle uniche tre partite in cui Lukaku non era arruolabile, ovvero con il Real in Champions, con il Parma all'andata in A e con la Juve nell'andata delle semifinali di Coppa Italia, la squadra ha infatti perso due volte e pareggiato una. Le due sconfitte per altro sono costate le coppe. La dipendenza dell'Inter da Lukaku è anche una questione geometrica, letteralmente: da lui la squadra passa o in lui si compie. Romelu nobilita gli schemi ma a sua volta è uno schema, anzi più di uno: sa calamitare a sé la manovra ma non diventa un obbligo, può anche rimanerne estraneo, partecipare come comparsa, essere parte del tutto.

È un paradosso, Lukaku, un gregario prestato ad un corpo da solista, un giocatore speciale che non ha bisogno di sentirsi tale. Le sue celebrazioni, sempre alla ricerca dei compagni anche quando il gol è un assolo, sono una prova. L'altra? Le dichiarazioni. Quando gli fanno notare che è diventato il settimo giocatore della storia nerazzurra con almeno 20 gol in due campionati consecutivi (dopo Meazza, Amadei, Boninsegna, Icardi, Nyers e Vieri), risponde che «la scelta di venire all'Inter è stata bella». Un altro modo gentile per dire che contano solo i primati della squadra. Leggasi scudetto.

 

 

 

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