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Roberto Mancini, l'Italia in Lituania con la "formula merito": una Nazionale senza raccomandati

Claudio Savelli
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L'undici scelto da Roberto Mancini per sfidare la Lituania nella terza partita del girone di qualificazione ai Mondiali 2022 (alle 20.45, diretta Rai 1) è una perfetta sintesi della serie A. Le prime otto del campionato, infatti, sono rappresentate da almeno un giocatore: l'Inter con Bastoni, il Milan con Donnarumma, la Juventus con Chiesa e Bernardeschi, l'Atalanta con Pessina, il Napoli con Di Lorenzo, la Roma con Pellegrini e forse Mancini, in ballottaggio con Acerbi (ma la Lazio rimarrebbe comunque presente grazie a Immobile), e infine il Sassuolo con Locatelli, fresco di primo gol in Nazionale e riproposto in versione regista. Quella che proverà ad agguantare il 25esimo risultato utile consecutivo, come la versione di Lippi tra il 2004 e il 2006, è l'Italia di tutta la serie A. Una sintesi perché è, come è giusto che sia, il suo meglio.

GLI "STRANIERI" - L'Italia di Mancini negli ultimi tempi non è mai stata così profondamente rappresentata dal massimo campionato per via della costante presenza dei titolarissimi Florenzi e Verratti, portabandiera del Psg (rientrati nel club per problemi fisici), e di Jorginho, del Chelsea, guida del centrocampo azzurro. L'unico intruso in quel di Vilnius potrebbe essere Emerson, secondo portavoce del club londinese, candidato a concedere un turno di riposo a Spinazzola, provato dalle infinite scorribande viste contro la Bulgaria. L'eterogeneità dell'Italia è un messaggio: così Mancini avvisa implicitamente che la squadra è sempre aperta ai nuovi ingressi. Allo stesso tempo, però, sottolinea la sua esclusività, visto che la maglia da titolare va solo ai giocatori delle prime otto in classifica. Secondo Mancini si può passare dall'azzurro per affermarsi ma poi è necessario confermarsi ai massimi livelli, possibilmente in campo europeo. La presenza di tutte le prime della classe italiana nell'ultima formazione ufficiale prima dell'Europeo conferma anche che il ct non sta sbagliando scelte, non ha preferenze distorte, convoca e schiera il meglio che i top-club del nostro calcio possono offrire. Quando chiama giocatori di squadre minori, come Ricci dello Spezia, lo fa per vederli all'opera in allenamento. Soltanto in un secondo momento li lancia, accumulando esordi sotto la sua gestione. La varietà manciniana certifica anche che gli storici blocchi non esistono più. La Nazionale rappresenta tutti perché nessun club è in grado di imporre i propri rappresentanti nella rosa azzurra. Gli italiani di talento sono diventati un lusso che chiunque fatica a permettersi, anche la Juve: al massimo saranno quattro i convocati per l'Europeo, qualora non saltasse Bernardeschi oltre a Chiesa, Bonucci e Chiellini. E quest' ultimo è un'incognita. L'ultimo blocco solido in Nazionale resta quello bianconero del 2016, con la BBBC (Buffon e Barzagli oltre ai sopracitati capitani) come fondamenta della formazione di Conte. Non potendo trapiantare l'alchimia di un gruppo italiano da un club in Nazionale, Roberto Mancini si è messo in proprio. In alcuni casi ha forzato la mano, promuovendo prima della consacrazione alcuni giocatori (vedi Barella, risparmiato per un lieve affaticamento), e annullando di conseguenza le raccomandazioni. Rinnegando le gerarchie dei club, questa Italia è diventata la Nazionale più simile ad un club nella storia azzurra.

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