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Alex Schwazer, "la porcata e il ricatto". Nando Sanvito, la bomba sulla Federazione internazionale: da Coe minacce velate all'Italia?

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Sebastian Coe, presidente della World Athletics/ex Iaaf, ha ammesso le colpe del suo organismo nel caso Alex Schwazer:  "una consapevole strategia condivisa al massimo livello della Federazione internazionale". L’assunzione di corresponsabilità però comporta due conseguenze: una correità a livello penale e un identificato bersaglio a livello politico. A questo punto la Athletics Integrity Unit (Aiu) può chiedere le dimissioni di Coe che comunque ha parlato al plurale.

 

 

Ma Coe, sottolinea il giornalista Nando Sanvito, volto storico dello sport a Mediaset, in un pezzo durissimo su Sussidiario.net, ha lanciato anche messaggi intimidatori. Il primo sul fatto di “indebolire o far annullare” la sentenza di squalifica del Tas. Che non è semplicemente diretto agli avvocati del marciatore italiano che, ovviamente, faranno di tutto per far annullare la squalifica: i legali infatti hanno fatto ricorso alla Corte federale svizzera, ma la stessa magistratura italiana che sta indagado proprio sulla giustizia sportiva tricolore per capire come si è potuti arrivare a condannare un innocente. “Non voglio che l’atletica leggera italiana venga contaminata”, ha detto Coe. Una sorta di messaggio velato alla nostra Federazione che tenga la bocca chiusa, probabilmente, se chiamata a rispondere.

 

 

 

Il predecessore di Sebastian Coe, Lamine Diack arrestato per corruzione, mandava in giro il figlio a mostrare alle Federazioni il database con le positività al doping dei loro atleti e le ricattava: “se pagate, ci tiriamo una riga sopra”. Naturalmente colui che era suo vice – Sebastian Coe – non si accorse di nulla e per questo fu eletto al suo posto, scrive il sussidiario.net. Ma secondo la Commissione parlamentare d’inchiesta britannica, la Bbc, il Daily Mail  era il contrario, cioè che Coe sapeva. E allora, se fosse vero, i ricatti potrebbero essere sempre gli stessi e  il prezzo della complicità da pagare ora potrebbe essere il silenzio su Schwazer.

 

 

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