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Diego Maradona vince la battaglia col Fisco, ma è morto: robe che soltanto in Italia

Tommaso Lorenzini
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Chissà se le migliaia di argentini che in queste ore hanno manifestato nelle strade di Buenos Aires, gridando «Verità e giustizia per Maradona» abbiano mai considerato il fatto che, se tutta questa mobilitazione di amore/ossessione ci fosse stata nei momenti opportuni, oggi Diego avrebbe magari potuto essere ancora vivo, dopo essere stato abbandonato al suo destino. Diego Armando Maradona è stato un campione del mondo nel 1986 e vicecampione del mondo nel 1990 con la nazionale argentina.

Operato all'inizio di novembre per un ematoma alla testa, intervento dal quale sembrava essersi ripreso con tanto di video sui social, il campione del mondo a Messico 1986 è morto a soli 60 anni poche settimane dopo, il 25 novembre, a causa di un «edema polmonare acuto secondario e insufficienza cardiaca cronica esacerbata». Aveva lottato come un leone, Maradona, per andarsene da dove era nato, una baracca di Villa Fiorito dove «l'acqua corrente era quella che entrava dal tetto»; ha chiuso gli occhi in un'altra catapecchia, a San Andres di Tigre, altro sobborgo di Baires, in una stanza con il bagno chimico e il materasso per terra, senza alcuna assistenza per un paziente non autosufficiente. Ma Diego «non è morto, l'hanno ucciso», accusano gli organizzatori della marcia a cui hanno partecipato l'ex moglie, Claudia Villafane, e due delle sue figlie Dalma e Gianinna, che quando sono arrivate all'obelisco di Piazza della Repubblica, storico sito di ritrovi pallonari, hanno dovuto rifugiarsi in un hotel nei paraggi per sfuggire all'assalto parossistico dei circa 3000 tifosi, quasi tutti con mascherina epperò belli ammassati: ma questo non fa più notizia.

Un delirio, fra petardi, mortaretti, dichiarazioni di fede per «un uomo che non era solo un calciatore, ma ha dato tanto al popolo argentino», esclamano. Mentre l'inchiesta caldeggiata dal ministero della Giustizia, va avanti, intorno a Diego si continua a litigare. Avevano iniziato a farlo col cadavere ancora caldo (vedi le foto del corpo scattate dall'addetto alle pompe funebri, licenziato e minacciato di morte) e da allora ogni giorno è buono per un'indiscrezione, un'uscita sopra le righe, come in fondo lo è stata tutta la vita di Diego che andrà avanti eterna, come una telenovela, struggente come un tango di Gardel.

 

 

 

Al momento sono sette le persone sotto inchiesta per omicidio colposo: Leopoldo Luque, ultimo medico personale di Diego; la psichiatra Augustina Cosachov; lo psicologo Carlos Diaz, gli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almiron; infine Nancy Forlini e Mariano Perroni, la prima dirigente della compagnia assicurativa che si occupava dell'assistenza medica domiciliare dell'ex capitano del Napoli, il secondo coordinatore degli infermieri che assistevano Maradona nella casa di Tigre. In più, la figlia Dalma se l'è presa anche con Matias Morla, legale di Maradona, dopo la diffusione di un audio in cui sosteneva il dottor Luque: «Tu e tutti quelli che lo difendono... Se la verità trionfa sempre, voi due andrete in prigione. Non mi fermerò».

Dalma e Giannina sono poi impegnate sul fronte dell'eredità, inizialmente quantificata in centomila euro, poi in sole tre auto, poi in 75 milioni di euro. Mistero. Il 6 marzo, il Tribunale Civile di La Plata ha stabilito chi sono i cinque figli (e non 11, come contati dai media argentini o auto-dichiaratisi) legalmente riconosciuti che hanno diritto alla successione: Dalma (32 anni) e Gianinna (30 anni), figlie del matrimonio con Claudia; Diego Junior (34 anni), nato dalla relazione con Cristiana Sinagra ai tempi del Napoli; Jana (23 anni), figlia di Valeria Sabalain; Diego Fernando, 7 anni, avuto da Verónica Ojeda.

È stata quest' ultima a condividere l'atto sui social con un messaggio a corredo: «Ora Dieguito ha diritto di avere ciò che gli è stato rubato». Tanto per spiegare il clima disteso intorno al defunto Diego sr., visto che anche il già citato Morla ha chiesto la sua parte, incassando da Dalma e Giannina la richiesta di spiegazioni in merito alla pletora di gente che viveva a carico di Maradona negli ultimi anni. Tra di loro anche la sorella e il cognato dello stesso Morla. Non una novità.

 

 

 

 

Intanto da Napoli arrivano notizie. Il Comune ha indetto un concorso per la realizzazione di una statua del Pibe da piazzare davanti allo stadio San Paolo a lui intitolato da poco (peccato che nella giuria, accanto a esperti, agli sportivi Bruscolotti e Oliva, e Diego jr, sia finito anche un ultrà indagato: la Digos ha aperto un'indagine, l'assessore alla cultura Eleonora De Majo si è dimessa), mentre la Cassazione, con un verdetto pubblicato ieri e discusso in udienza a porte chiuse lo scorso 20 ottobre (un mese prima della morte di Diego), ha stabilito che Maradona ha diritto al condono chiudendo così l'annosa questione di circa 40 milioni di evasione fiscale. L'ultimo colpo della Mano de Dios.

 

 

 

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