"Buonasera Ama (Amadeus, ndr) e buonasera Italia, è un onore essere qua, ma è anche un onore per te avermi qua. Normalmente mi sento grande, potente, qua mi sento piccolo. Ma sempre più grande e potente di te". Zlatan Ibrahimovic ha fatto il suo esordio al Festival di Sanremo con queste esatte parole. Che si sommano a quelle pronunciate il giorno prima in conferenza stampa: "Voglio dare indietro all'Italia qualcosa che non sia il calcio, quando ho capito che per voi è la cosa più importante"(riferendosi al Festival).
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Un approccio messianico che oggi, dalle colonne del Corriere dello Sport, ha scatenato l’invettiva di Giancarlo Dotto, il quale non ha usato certo mezze parole nel descrivere la parabola di Ibra: “Il fatto è che da quando, per sua ammissione, si è identificato in Massimo Decimo Meridio, dopo aver visto al cinema Il gladiatore, Ibra è totalmente preso dal suo doppio mitologico. Iniziato come divertimento, è diventato nel tempo un delirio paranoico, solfeggiato da sibili e smorfie tra il cobra e lo sparviero”.
E ancora, scrive Dotto: “’Al mio segnale scatenate l’inferno’. Non lo dice, forse, ma i compagni se lo aspettano e, da ieri sera, ce lo aspettiamo anche noi. Dopo aver zlatanizzato il Milan, i tifosi e Pioli, Ibra ha fatto capire ieri di sentirsi pronto per zlatanizzare l’Italia".
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La conclusione dell’invettiva prende un tono nostalgico, che effettivamente non può non aver colto una parte degli spettatori di Rai 1, ieri sera: “Insomma, lo dico, darei tutti gli Zlatan di questa terra (e qui Zlatan, di sicuro, mi querela per aver solo ipotizzato che ce ne siano altri) per veder sbucare a sorpresa sul palco dell’Ariston il contadino dalle tonsille d’acciaio, alias Al Bano, con il suo trattore, cantando a ugola spianata ‘quando il sole tornerà e nel sole io verrò da te’, Romina Power sulle sue ginocchia”.
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