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Inter prima, ma nessuno se la compra: cinesi alle strette, alla caccia di 200 milioni. Ma...

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Tobia De Stefano
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Sei primo in campionato. Hai probabilmente la miglior rosa della serie A. E il tecnico di maggior caratura internazionale. Eppure nessuno ti prende. O almeno chi ti prende è disposto a farlo ma solo a prezzi di saldo. È questo il paradosso che sta vivendo l'Inter. Colpa della pandemia certo, che ha ridisegnato completamente i valori economici del calcio mondiale, ma soprattutto dei debiti sotto i quali è seppellito il club anche a causa della politica di Suning. 

 

Tra poco vedremo perché. Le notizie di questi giorni seguono due filoni diversi. Se si segue il flusso di news in arrivo dalla Cina si ha l'idea di una multinazionale in smobilitazione. Quello che è successo con lo Jiangsu, la squadra locale di proprietà di Suning ha dell'incredibile. Il club è stata sciolta dal giorno alla sera e le parole di Eder, l'ex calciatore nerazzurro dal 2018 proprio al Jiangsu, fanno capire quale sia il clima che si respira dalle parti di Nanchino (sede principale della multinazionale): «Hanno mancato di rispetto a tutti i dipendenti e ai giocatori - ha spiegato l'attaccante - ci hanno semplicemente lasciato senza stipendio e non ci hanno permesso di giocare in altri club. Abbiamo fatto un'impresa per loro (la vittoria del primo scudetto, ndr), ma non abbiamo ricevuto il trattamento e il rispetto che avremmo meritato. Suning non vuole più investire nel calcio». 

In Italia invece i toni sono meno esasperati. Un giorno sì e l'altro pure arrivano comunicazioni più o meno ufficiali sulla volontà del presidente Steven Zhang di assicurare continuità al club. E anche ieri Marco Tronchetti Provera, che è vice-presidente esecutivo e amministratore delegato di Pirelli (storico sponsor nerazzurro), ha confermato l'impegno della proprietà cinese di mantenere il supporto finanziario all'Inter: «Mi sembra che la volontà sia proprio quella». Al contrario, Suning non vede l'ora di liberarsi dei nerazzurri, ma come è logico che sia non intende rimetterci. Valuta la squadra milanese un miliardo di euro e ha respinto al mittente la proposta da 750 milioni del private equity Bc Partners. Aspetta un rilancio. Ma secondo le notizie raccolte da Libero ci sono poche possibilità che questo rilancio arrivi. Ecco perché i cinesi preferiscono prendere tempo. Come? Seguendo con forza la seconda strada, quella che porta a un nuovo prestito. 

 

Contatti sono in corso da tempo con Bain Capital, con un piano che prevede di rifinanziare il debito esistente e di chiedere una nuova linea di credito da 200 milioni, necessaria per rispettare tutte le scadenze del club. Si può fare? Dagli ambienti finanziari trapela molto scetticismo: si tratta di un'operazione difficile perché il rosso dell'Inter, circa 400 milioni di euro solo di debiti finanziari, sarebbe troppo alto per poter aggiungere altro debito. Per fare un esempio, viene facile ricordare quello che successe al Milan tre anni fa. Anche allora c'era una proprietà cinese, capitanata dallo sconosciuto uomo d'affari Yonghong Li, che chiese un prestito da 303 milioni di euro al fondo Elliott, per completare l'acquisizione del club rossonero da Silvio Berlusconi. 

Quando Elliott divenne proprietario del Milan, per le inadempienze di mister Li, appianò completamente l'esposizione finanziaria del club, cosicché i rossoneri si ritrovarono senza debiti. Una bella differenza. Insomma l'ipotesi di un nuovo prestito appare molto complessa e comunque stiamo parlando di liquidità aggiuntiva che verrebbe concessa a tassi che viaggiano abbondantemente sopra il 10%. Scartato il finanziamento, all'Inter non resterebbe che accontentarsi dell'unica offerta ricevuta fino a questo momento, quella di Bc Partners. Difficile che venga inserita la clausola di earn-out - una somma aggiuntiva che il fondo si impegna a versare al raggiungimento di determinati risultati - Suning si dovrebbe accontentare di 750 milioni accettando una ricca minusvalenza rispetto alla richiesta da un miliardo. Insomma, sei primo e ti tirano le pietre. È questa la triste realtà con la quale deve fare i conti l'Inter cinese nella nuova era del calcio, quella ridisegnata dalla pandemia.

 

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