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Inter, il risvolto del trionfo col Milan: occhio Antonio Conte, lo scudetto lo può perdere soltanto l'Inter

Claudio Savelli
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Il calcio fa giri immensi e poi torna ad un derby da scudetto con lo stesso risultato di dieci anni fa, ma ribaltato. Stavolta a firmare il netto 3-0 è l'Inter, al contrario di quanto successe nell'aprile 2011, quando a griffare il tris fu il Milan di Allegri sulla rivale guidata da Leonardo, con Pato a indirizzare la gara al primo minuto e a raddoppiare prima del tris di Cassano. Tutto torna, un decennio dopo, seppur nel verso opposto: come allora quel derby lanciò il Milan verso lo scudetto, l'impressione è che questo trionfo sia la svolta per l'Inter di Conte, ora a +4 sui rivali e, soprattutto, mai così tendente alla perfezione. Stavolta è Lautaro ad aprire le danze dopo 5' e a firmare il raddoppio, prima del colpo finale di Lukaku. Il primo tocca quota 13 gol in campionato, il secondo sale a 17: il totale fa 30 sui 57 segnati dalla squadra di Conte in 23 partite, 2,5 a gara. L'Inter - questa Inter - non è però tutta lì, nella coppia offensiva: è molto altro, molto di più.

 

È Handanovic che reagisce alle critiche e in minuto respinge Ibra due volte e Tonali, registrando tre parate da campione non solo perché efficaci ma perché effettuate nel momento di massimo sforzo del Milan. È Skriniar-De Vrij-Bastoni e le otto gare a porta inviolata, come quelle del Milan. È poi Hakimi e Perisic, l'Inter, esterni perfetti per lo stile di gioco adottato da Conte nelle ultime 15 partite di A, ovvero dal ritorno al 3-5-2 (addio trequartista) a base di difesa aggressiva a blocco basso, assorbimento dell'energia altrui e rilancio nel campo scoperto davanti. Questo arco di partite con la nuova Inter nasce nel 3-0 al Sassuolo e si compie nel 3-0 al Milan, passando per il successo sulla Lazio, ovvero quando Conte ha chiuso il cerchio con Eriksen dal primo minuto nel ruolo di mezzala. Nel suo rinascimento, l'Inter ha scavato un solco: 38 punti contro i 29 di Milan e Lazio, appena battute, Atalanta e Juve, a cui mancano due gare (contro il Crotone, oggi, e il recupero col Napoli ancora da fissare).

 

La nascita di questa creatura da scudetto coincide con il momento in cui prendono vita le voci sulla cessione delle quote di Suning: non è un caso, non può esserlo. Il progetto si è fermato in agosto ma ha per paradosso restituito all'Inter il miglior Conte, quello che trasforma i limiti in un motivo per superarsi (Marotta, al solito, tranquillizza: «Zhang farà il bene del club»). Se la giornata è un'overdose nerazzurra è perché c'è più merito dell'Inter che demerito del Milan. Pioli non ha perso la squadra ma lo smalto dei giocatori che portavano il potenziale oltre la somma dei singoli: Theo, Kessié, Calhanoglu e la coppia Romagnoli-Kjaer, sommersa dalla marea Lu-La. Se l'Inter ora deve essere all'altezza della missione-scudetto, il Milan deve dimenticarsi di essere in lotta per il grande obiettivo e tornare a godersi il viaggio, altrimenti rischia di sentirsi d'un tratto inadeguata.

Dovrà farlo passando per il ritorno d'Europa League con la Stella Rossa (giovedì si riparte dal 2-2 di Belgrado) e con la Roma. In attesa della Juve, non si vedono rivali all'orizzonte: il Napoli diventa il fanalino di coda della locomotiva europea con il 4-2 subito dall'Atalanta (mercoledì, in Champions, il Real Madrid), la quale si riaffaccia ai primi quattro posti. Lì è battaglia aperta, c'è traffico e inevitabilmente le squadre si rubano punti a vicenda, a vantaggio proprio e, di conseguenza, della capolista in fuga: l'Inter, ora padrona del suo destino. 

 

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