Romano Mussolini, il pronipote del Duce alla Lazio? Vergogna della sinistra: preso a pallonate
In Italia la damnatio memoriae ha diritto e dovere di esistere quando è applicata a qualunque episodio o personaggio riconducibile al campo avverso alla sinistra, oppure a fatti storici e situazioni che vedrebbero messa in discussione e riscritta la stessa Storia che ci raccontano i "migliori", che non sbagliano mai. Capita così che un certo Romano Floriani, classe 2003 e calciatore dell'Under 18 della Lazio, nella distinta di gara abbia riportato anche un secondo cognome, Mussolini, che altro non è che il ramo materno, dato che la mamma è Alessandra, nipote del Duce. E questo non va bene, i censori del politicamente corretto hanno storto il naso e alzato il ditino anche per bacchettare questo ragazzo che di politica non vuole saperne, frequenta l'ultimo anno del St George British School e vuole diventare un calciatore professionista.
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E non si è affacciato da nessun balcone a sbandierare la proprià carta d'identità. All'anagrafe civile, come vuole la legge, si chiama con un solo nome, Romano (come il quarto figlio del Duce, celebre jazzista), gli altri sei gli sono stati dati in chiesa: Romano e Maria come i genitori di Alessandra; Benito come il nonno della madre; Mauro come il padre; Magid come il secondo marito della nonna materna; Andrea come il marito della zia Elisabetta. Il secondo cognome (la legge lo permette) ha scelto di portarlo in totale autonomia facendo felice mamma', risoluta nel commentare alle agenzie: «Rischio strumentalizzazioni?
Non c'è nulla da commentare, è un tema da cui preferisco stare fuori. Sulla sua vita e sulle sue cose, mio figlio non vuole alcun tipo di intromissione». Come scrive il Messaggero, che per primo ha riportato la notizia, «nell'equazione "laziale e fascista" Romano non si ritrova». Due convocazioni con la Primavera di Menichini, ma sempre in panchina (anche nel ko 0-2 con la Juve), di ruolo è terzino destro però gioca anche da centrale difensivo. «È un ragazzo umile, un grandissimo lavoratore che non si è mai lamentato. Neanche quando per due anni non ha mai giocato. A me piace, anche se è "tardivo", come tutti i longilinei. Non è un giocatore pronto, ma ha ancora un margine di crescita. Bisogna seguirlo, perché diventerà un calciatore. Non so dove, ma in A, in B o in C. Il cognome pesante? Non lo percepisce. Non ho mai parlato con i genitori, non si sono interessati. In campo va chi merita, non importa altro», spiega Mauro Bianchessi, responsabile del settore giovanile della Lazio.
Ora, non conoscendolo affatto, in molti sui social (luogo prediletto delle capre) hanno perciò pensato che si potesse attaccarlo sul personale, sulla scelta e sull'opportunità (anche sulla legalità) di optare per il doppio cognome, sciorinando battute e facezie da antifascisti eppure curiosamente sul pezzo in materia (non sarà che i nostalgici si nascondono sotto altre casacche?): «È perfetto sulla destra», «Saluto Romano», «Pensa quando alza il braccio per chiedere il fuorigioco», «Avrà iniziato col Calcio Balilla», «Giocherà nella Primavera di bellezza», «Da quando c'è lui il pullman della Lazio arriva sempre in orario», «Gioca sulla Fascio», «Siamo pronti al campionato Giovinezza», «Credere obbedire palleggiare», «Ha firmato un ventennale».
E ci stanno, sennonché poi spunta il simpatico che non resiste, «La mia carriera sarà tutta a testa in giù», quello che fa la morale, «Se non sei obbligato ma ti scegli il cognome te le cerchi le battute», e quelli duri e puri schifati, «Gli eredi dei gerarchi nazisti hanno voluto cambiare cognome. Per non essere associati a quella vergogna. Ora ce lo ritroveremo in una squadra di seria A con tifosi di estrema destra, poteva andare a giocare solo là», «Quel cognome di merda dovrebbe esser bandito! Per lui che sceglie il doppio cognome, piazzale Loreto!», fino al tifoso romanista definitivo: «Il cognome l'ha scelto lui quindi è una merda anche se ha 18 anni». E anche se ha cominciato a giocare nelle giovanili della Roma, dove a quanto pare (giustamente) il doppio cognome non era un problema per nessuno.
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