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Pippo Ganna, dal Giro d'Italia un'unica certezza per il ciclismo italiano: abbiamo solo lui

Federico Danesi
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Altro che montagne, il Giro come il Tour l'hanno deciso le cronometro. L'ultima, come in Francia, decisiva per la rimonta di chi partiva dietro: non c'era gara e infatti Tao Geoghegan Hart è andato a prendersi la coppa ubriacando Jai Hindley che ha rimediato 39 secondi in 15,7 km. Festa doppia in casa Ineos, ché l'altro uomo del giorno è Pippo Ganna, un treno verso piazza Duomo: ha dato 2 secondi al chilometro ai primi dei battuti, Campenaerts e Dennis arrivati a 32 secondi e mai in corsa. Tao (per comodità) ha compiuto 25 anni a marzo, il suo rivale fino all'ultimo ne ha 24 come Ganna e Joao Almeida, in rosa fino a giovedì, 22 esattamente come Tadej Pogacar re del Tour. Roba che Primoz Roglic, 31 il prossimo mese e primo dei battuti in Francia, sembra già vecchio. Roba che Vincenzo Nibali, alla fine settimo ma a 8'15" e prossimo ai 36 (nei dieci anche Fausto Masnada, nono e classe '93), appartiene ad un'era diversa. Questo Giro era stato disegnato per tre: un 20enne, Remco Evenepoel, che in futuro tornerà, e due della vecchia guardia come Geraint Thomas (34) e Nibali, appunto. Il verdetto finale è altro, è bello, premia un Giro che nonostante tutto è arrivato a Milano e non ha deluso. Deluso, hanno invece gli italiani salvo eccezioni come Ganna e Ulissi. Gli altri Paesi rinnovano, noi abbiamo le ruote sgonfie e ci siamo fermati a guardare nonostante la nostra tradizione.

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