L'Inter si smarrisce nelle partitissime, un'annata sotto le attese: i nerazzurri vincono solo due big match
Il 2020 dell'Inter è un'altalena ma il volo al momento non porta lontano, di divertimento se ne vede poco, sia per chi sta a guardare sia per c'è seduto sopra e si affanna a darsi lo slancio,a puntare in alto. Al netto del Coronavirus che in questo momento obbliga a rimandare i giudizi definitivi, la squadra di Antonio Conte si candida al titolo di grande incompiuta dell'anno. Ad oggi, 15 giugno, rigettiamo in toto la parola "fallimento", sarebbe sciocca e ingenerosa. "Delusione", probabilmente, dipinge al meglio questo affresco che era stato iniziato bene ma poi, in corso d'opera, ha visto moltiplicarsi le pennellate storte e spuntare sfumature imprecise, col risultato che la visione d'insieme adesso si è appannata. La chiarezza del disegno e delle idee di Conte resiste, è la messa in pratica che accusa pause deficitarie: tarpati gli esterni, allontanati dalla porta Lukaku e Lautaro, gran parte del potenziale si annacqua. Antonio è stato preso per colmare il gap con la Juventus, assecondandone al più possibile e compatibilmente con i conti le richieste di mercato, vedi l'arrivo di Lukaku per 65 milioni, vedi la richiesta mai evasa di un centrocampista incursore (Vidal) che è poi diventato Eriksen (mentre Godin potrebbe partire già a fine giugno). Il danese è il colpo a sensazione del mercato di gennaio, applausi, ma la sua sbocciatura è ritardata, come quella di un bocciolo di rosa che lascia intravedere setosi petali ma di aprirsi ancora non ne vuole sapere.
Il ragazzino brasiliano che non ha ancora debuttato ma che vale già 50 milioni. Motivo? Il nome
IL PIù PAGATO
È un po' la metafora dell'avventura di Conte: come servirà altro tempo per capire se davvero Eriksen è il fuoriclasse che può fare la differenza per i nerazzurri, così è plausibile che all'ex ct servirà almeno un'altra annata per mettersi al tavolo con la Juve, nonostante che le banconote a sua disposizione fra mercato e stipendio (11 milioni annui, il più pagato di serie A) siano quelle giuste. Tredici partite da giocare in serie A (dodici più il recupero di domenica prossima) autorizzano ovviamente i tifosi a sognare un ribaltone clamoroso ai danni di Juve e Lazio, c'è anche una Europa League tutta da giocare e l'ambizione di poter provare ad arrivare in fondo è più che ragionevole. Il bilancio attuale di Antonio è però oggettivamente negativo: fuori dalla Champions League al primo turno, fuori malamente dalla Coppa Italia in semifinale, eliminato da un Napoli che superiore non è apparso se non nel cinismo, nel cogliere l'attimo. Ed è qui la malattia di questa Inter contiana. Dei dodici big match disputati in stagione (quelli da dentro o fuori, reali o oggettivamente tali), ne sono stati vinti solamente due: quello con la Lazio, grazie al gol di D'Ambrosio, quello in casa con il Borussia Dortmund. Il resto sono sette sconfitte e tre pareggi. Nel caso dei tanti ko, difficilmente l'Inter ha sbagliato partita, tuttavia ha dimostrato di essere inferiore: a Barcellona aveva illuso e perdere può starci; a Dortmund non ha giocato il secondo tempo; con la Juve in casa ha perso perché ha provato a vincere; con la Lazio a Roma ha subito una rimonta figlia del momento di grazia dei biancocelesti e delle incertezze di Padelli in porta (Handanovic infortunato). È però nei tre pareggi la cartina di tornasole: contro Roma e Atalanta in campionato era il momento del salto di qualità e di mentalità che non c'è stato, in quel caso così come altre volte contro il Lecce e il Cagliari, quando obbligatorio era vincere per poter reclamare un posto nella lotta scudetto. Che fine ha fatto lo spirito, l'ardore, la rabbia di Conte? Adesso a preoccupare c'è pure il latitante Lautaro, sballotatato qua e là a Napoli. Non segna dal 26 gennaio, un mese e mezzo prima dello stop, l'affaire di mercato col Barcellona è una distrazione velenosa e recuperare lui e l'intesa con Lukaku (39 gol in due) marcherà la differenza per il finale di stagione nerazzurro. Fra delusione e fallimento, la distanza è breve, per qualcuno sono sinonimi.