Schiavismo e lavori forzati, passaporti confiscati e decine di morti bianche al mese: i preparativi in Qatar per i Mondiali di calcio del 2022 procedono nel segno della negazione dei diritti e dello sfruttamento dei lavoratori. Mancano 9 anni alla manifestazione iridata, ma il paese delle penisola araba sono già aperti i cantieri per realizzare i faraonici progetti previsti: strade, linee ferroviarie ad alta velocità, un collegamento con il Bahrein, nuovi quartieri, centinaia di alberghi e 9 stadi, dei quali quello per la finale da 90mila posti. Tante infrastrutture per un insieme di investimenti da 100 miliardi di dollari. Ma a lavorare nei cantieri sono operai provenienti da Asia e Africa, ingaggiati in una "moderna forma di schiavitù" (come l'ha definita l'Organizzazione internazionale del Lavoro dell'Onu): lo denuncia un'inchiesta del Guardian, testata britannica che ha avuto accesso alla documentazione dell'ambasciata del Nepal a Doha. Mancano solo le catene - Solo tra il 4 giugno e l'8 agosto scorsi, stando alla diplomazia nepalese, i morti sul lavoro sono stati 44. Gli operai intervistati parlano di paghe diminuite o addirittura negate, di cantieri nel deserto senza accesso a fonti di acqua, di passaporti confiscati, di persone giovani colpite da attacchi di cuore. La condizione è di vera e propria schiavitù: "Ci piacerebbe andarcene, ma l'azienda non ce lo permette" ha detto un lavoratore ai giornalisti inglesi. La difesa - "Apriremo un'inchiesta" è la risposta ufficiale del comitato organizzatore dei Mondiali del Qatar. I lavori sotto la stretta direzione non sono ancora cominciati, è la posizione ufficiale, ma ne sono partiti diversi in appalto o in subappalto. "Siamo profondamente preoccupati - proseguono dal comitato -, verificheremo".