Mondiali, il borsino dei convocati

di Nicoletta Orlandi Postidomenica 11 maggio 2014
Mondiali, il borsino dei convocati
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Flashback: è il 22 dicembre 2013, la Fiorentina vince in trasferta contro il Sassuolo. Ancora una volta decide lui, Giuseppe Rossi, capocannoniere della Serie A. Prandelli ha l’attacco titolare del Mondiale già pronto: Rossibalotelli, da leggere tutto attaccato, come due entità inscindibili, anche se così profondamente diverse. Un altro Rossi al Mondiale: mamma che brividi. Quasi cinque mesi dopo, da Sassuolo a Sassuolo. Nel timbro dei marcatori c’è ancora lui, Giuseppe Rossi, ma in mezzo è successo qualcosa. È successo che Pepito ha lottato contro la sfortunaccia nera che lo perseguita e che si è incollata al suo ginocchio destro. A inizio gennaio, contro il Livorno, il crac: ancora quel crociato, quello che l’ha tenuto fuori dai giochi per un anno e mezzo ai tempi del Villarreal. E così le gerarchie di Prandelli, in attacco, sono cambiate. Ad ora, i soli Balotelli e Gilardino sono sicuri. Quasi certo pure Cerci, che permetterebbe il varo del 4-3-3: in quest’ottica, salgono le quotazioni di Insigne, reduce dalla doppietta in finale di Coppa Italia. Per il ruolo di attaccante centrale sono in tre a contendersi una maglia: Immobile, Destro e Osvaldo, con il primo in netto vantaggio. E quindi il rebus Rossi-Cassano. Prandelli intende portare solamente uno dei due, con il parmense in vantaggio. A Pepito il compito di fare il miracolo: la prossima gara contro il Livorno sarà decisiva per convincere il ct a inserirlo nella lista dei 30 preconvocati, che sarà resa ufficiale il 13 maggio. Ma soprattutto conterà esserci nell’elenco del 3 giugno, quando il ct stilerà i nomi dei 23 definitivi. Pepito non molla. Vuole il Brasile, lui che non ha mai partecipato a un Mondiale o a un Europeo. Lui che non ha mai mollato, anche all’epoca del calvario patito in Spagna: tre operazioni, il recupero che si dilata a dismisura per sei, dieci, sedici mesi, che sembrano non passare mai. Fino al ritorno definitivo, a pieno regime, in questa stagione: esplosivo. Perché quando la sua maglia è tornata a guizzare in campo è detonato tutto, amarezza, sofferenza, dolore, frustrazione. Esplosi nella gioia di tornare a giocare, a dribblare, a far gol. 14 volte in quattro mesi, nessuno come lui, con l’apoteosi della tripletta rifilata ad ottobre alla Juventus. E poi di nuovo, la sfortuna che gli sbarra la strada, congelando in quel maledetto 70° minuto di Fiorentina-Livorno classifica marcatori, propositi Champions dei viola e soprattutto corsa ai Mondiali. La vita che si riempie delle vecchie sofferenze: dalla luce del campo al buio dell’infermeria. Ma adesso tutto sembra passato. E diciamolo: se Pepito comparirà nella lista, tutta Italia ne sarà felice. Merita la convocazione per quanto fatto in campo, per il suo talento, la sua capacità di duettare, saltare l’uomo, per essere stato trascinatore dei viola e per la sua impressionante media gol (una rete ogni 94 minuti). Ma soprattutto lo merita per un omaggio dovuto all’uomo, prima ancora che al calciatore, in grado di sconfiggere le avversità della vita e presentarsi a schiena dritta, senza lagne e pretese. Il giocatore che non dà mai fastidio, mai polemico, che non si fa paparazzare in discoteca, che non fa lo spaccone sui social. Il classico bravo ragazzo che piace a mammà. E a tutta Italia. Good luck, Pepito. di NICOLA BORGHI