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Schwazer è l'anti-portabandieraMa chi lo odia ci marcia

di Alessandra Menzani sabato 30 aprile 2016

3' di lettura

Alex Schwazer - marciatore marcio - sta sull' anima a tutti. Elenco di persone a cui sta sull' anima Schwazer: colleghi dell'atletica, sportivi vari, perbenisti che "lo spirito olimpico! La lealtà!", non perbenisti che "va bene tutto, ma questo buttava le siringhe nei cassonetti dell' umido", marciatori che ci marciano e "non lo vogliamo!", mai dopati che «per come lo trattano sembra quasi che i dopati siamo noi», appassionati della Kostner che "ha infangato il nome di Carolina!", fanatici del tricolore che "Vipiteno non è Italia!", tutti. Schwazer sta sulle balle persino a chi non lo conosce affatto ("Ah, quello dei Kinder Pinguì? Insopportabile"). L'insoportabile - Ebbene, "l'insopportabile" oggi torna atleta: squalifica per uso di eritropoietina terminata dopo 3 anni e 9 mesi, allenamenti clandestini pure. L' azzurro torna azzurrabile e sogna di strappare il tempo per Rio alla faccia di chi gli vuole male: "Gareggiare a Roma sarà un' emozione unica. Punto subito ad un gran risultato sia individuale che soprattutto di squadra sognando per tutti i 50 km la partecipazione alle Olimpiadi". Un' overdose di parole al miele per convincere tutti di essere un uomo nuovo, a otto giorni dai Mondiali di marcia. Ora, dimentichiamoci della pubblicità del Kinder Pinguì. Fine ingloriosa - Proviamoci. Dimentichiamoci anche di lui che dice "spero che i giovani mi seguano nel senso di non fare quello che ho fatto io". Per "l' italiano" più che altro. Stiamo semplicemente ai fatti. I fatti dicono che: Schwazer ha fatto una troiata, magari pure due o tre. Ha preso per il deretano l'Italia e il mondo intero, si è pappato gloria e onore senza meritarseli, ha coinvolto una povera ragazza più avvezza all' album «Amici Cucciolotti» che a Epo e derivati, non si è pentito bensì è stato colto con le mani nella marmellata, quindi è stato punito, squalificato, si è arrampicato sugli specchi con la voce tipica del pentito che però non ha i mezzi per convincerti, infine è scomparso come capita a chi si rende conto e prova tremenda vergogna. Cambio vita - Son passati 45 mesi dalla squalifica e nel frattempo Alex ha cambiato tutto: città (dall' Alto Adige a Roma), fidanzata, stile di vita. A un bel punto ha osato alzare la mano: "Vorrei tornare a fare l' unica cosa che so fare: marciare". L' indignazione è stata massima, bipartisan, totale. Solo un tale, il buon Sandro Donati, famoso per aver combattuto contro doping e dopati ha risposto all' appello: "Ti alleno io". E si son messi a marciare: chilometri su chilometri a far ciondolare il culo, lontani dalle corse ufficiali, lontanissimi dai tesserati, nascosti dagli occhi di chi non avrebbe mai concesso altre chance a un fetente avvezzo agli aghi e alla truffa. Oggi Schwazer torna atleta, ma solo per la giustizia sportiva: i colleghi con Tamberi in testa («Non lo vogliamo») sono stati chiari, il pubblico si indignerà, lui realizzerà un gran tempo (i crono non ufficiali dicono che va come una lippa) e conquisterà Rio da «anti-portabandiera», ultimo della fila, reietto da nascondere. Non sappiamo se vincerà una medaglia, finirà centesimo o peccherà ancora (l' antidoping lo controlla settimanalmente), sappiamo che il nostro è il Paese delle seconde e terze occasioni concesse a bestie molto più bestie di lui. Soprattutto sappiamo che il rischio maggiore è di assistere alla clamorosa «trasformazione», quella degli indignati di oggi pronti a illuminarsi il giorno della 50 km di Rio (19 agosto): «Che bella favola italiana!». È un altro genere di doping, ma fa schifo uguale. riproduzione riservata. Fabrizio Biasin

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