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Ciclismo, il ct Davide Cassani: "Così ho rischiato di morire investito in bici tre volte in un giorno"

di Giulio Bucchi domenica 7 luglio 2019

2' di lettura

Se l' allarme arriva da uno che della bicicletta ha fatto la propria professione e la propria vocazione, è il momento di prenderlo sul serio. Davide Cassani, ct della Nazionale di ciclismo, con un post su Facebook ha raccontato la sua giornata da incubo sulle strade fra Milano e la Brianza. Lunedì, uscito al mattino con l' entusiasmo di un bambino per provare una nuova bicicletta, si è ritrovato a sudare parecchio freddo. «Ho rischiato tre volte di morire», spiega a Libero, «ho scritto sui social con sarcasmo pur affrontando un problema serissimo, che riguarda tutti, non solo chi va in bicicletta». Ma cosa è successo esattamente? «La prima volta ero dalle parti di Monticello Brianza. Ero da solo quando un camion, senza pensarci, mi ha superato: strada stretta, spartitraffico in mezzo, ho passato 5 secondi terribili con il camion a qualche centimetro dalla mia spalla. Non sapevo che fare perché la banchina era bruttissima, con una scalino tra asfalto e terriccio. La scelta era finire sotto il camion o lasciarmi andare fuoristrada facendomi meno male possibile: mi sono buttato nell' erba e per fortuna sono rimasto in piedi». Passano 5 minuti e ci risiamo: «Un vettura mi supera e, neanche il tempo di terminare il sorpasso, mette la freccia, mi taglia la strada e si infila a destra, mancandomi di un nulla. Poco dopo, arrivato quasi a Villasanta, vedo un' auto pronta ad uscire da una stradina. Essendo ancora impaurito, cerco lo sguardo del guidatore e capisco che sta guardando altrove: infatti si immette e mi sfiora di un pelo. Lo affianco per protestare e lui schizza via, neanche si era accorto di me». Morale? Cassani la spiega chiaramente: «Serve rispetto per tutti gli altri che sono in strada: ciclisti, motociclisti, automobilisti, camionisti. È meglio perdere dieci secondi o perdere una vita? Perché non provare a immaginare che quel ciclista davanti a noi sia nostro figlio, nostro padre, nostro fratello? Avremmo un comportamento diverso. Invece, per strada siamo tutti troppo stro... e non perdiamo occasione per mandarci a quel paese». di Tommaso Lorenzini

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