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Milan, Galliani verso l'addio anticipato: dagli ultrà a Barbara Berlusconi, tutti i motivi

Adriano Galliani

Giulio Bucchi
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Via subito, senza aspettare il prossimo giugno. I quotidiani sportivi e i beninformati delle cose di Milanello oggi sono sicuri: Adriano Galliani è pronto a dire addio alla sua poltrona da amministratore delegato del Milan senza aspettare aprile, quando ci sarà l'assemblea dei soci. Troppo forti, irriducibili i contrasti con la consigliera (nonché figlia del proprietario) Barbara Berlusconi, che qualche settimana fa, dopo il ko dei rossoneri con la Fiorentina, aveva sbottato: "Bisogna cambiare tutto", salvo ritrattare almeno ufficialmente precisando che non si riferiva a Galliani. Berlusconi padre aveva guardato con simpatia alla sua "irruenza", dandole comunque fiducia e non limitando le sue ambizioni di rottamazione. Che l'asse Allegri-Galliani sia destinato a spezzarsi sotto i colpi della proprietà è ormai cosa certa: il tecnico rossonero, la prossima stagione, sarà uno tra Seedorf e Inzaghi, con Mangia in predicato di fare il traghettatore al prossimo, irrimediabile passo falso del mister livornese. Che domani, a Glasgow contro il Celtic, si giocherà il destino della squadra in Champions League e le possibilità di mangiare a Milano perlomeno il panettone.  Il nodo buonuscita - E Galliani? Oggi a Milanello, prima della partenza della squadra per la Scozia, non c'era. Al suo posto, neanche a farlo a posta, c'era però Barbara. Quasi un passaggio di consegne, superfluo. Galliani ha mal digerito le uscite della figlia del Cavaliere e il famoso vertice a tre ad Arcore con Silvio e Fedele Confalonieri è servito, più che a rasserenare il clima, a fissare i paletti per un addio dignitoso e il più possibile consensuale. Per lasciare il club che guida, operativamente, da 27 anni, Galliani aspetta solo l'intesa sulla buonuscita. Che dev'essere lauta, qualche decina di milioni di euro oppure un posto da coordinatore in Forza Italia. Nel frattempo Adriano vive la transizione con sofferenza. Un po' per la crisi tecnica (dopo l'1-1 col Genoa ha usato toni fatalisti: "E' la vita, gira così speriamo che giri presto e che la stagione si concluda meglio di come è partita") e un po' per l'atmosfera da liberi tutti. La contestazione degli ultrà sabato, con Kakà e Abbiati a rapporto dai tifosi, lo ha visto ancora una volta in posizione minoritaria: lui voleva evitare il faccia a faccia, non l'hanno ascoltato. E forse non è un caso. 

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