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Simone Scuffet, la parabola dell'ex "nuovo Buffon": doveva andare all'Atletico Madrid, finisce in Turchia

Gino Coala
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Il nuovo Buffon riempie una valigia di rimpianti e parte per la Turchia. È il Kasimpasa, quarto nella Super Lig, la nuova destinazione di Simone Scuffet. Già, proprio il giocatore nel 2014 si guadagnò una reputazione da fenomeno dopo la prima stupefacente mezza stagione in serie A. Primo friulano nell' Udinese dieci anni dopo Fabio Rossitto, su di lui si buttò l' Atletico Madrid. Sembrava tutto fatto, ma l' affare saltò per il no del ragazzo. «Vuole finire gli studi», si disse all' epoca. La storia tornò comoda da rinfacciare a Gigio Donnarumma qualche anno dopo, quando il prodigio del Milan nell' estate del travagliato rinnovo posticipò la Maturità per la Nazionale. Mentre il talento rossonero oggi sembra tornato sui suoi livelli, Scuffet non ha più rivissuto momenti di gloria. «Volevo continuare a crescere a Udine», ha chiarito negli anni il ragazzo per nascondere forse i rimorsi del grande (e milionario) salto che lo aveva spaventato. Da allora a Udine il ragazzo di casa ha avuto ben poco spazio: subito dopo il no ai colchoneros, Stramaccioni lo sbatté in panchina preferendogli Karnezis. L' anno dopo via in prestito al Como per giocare: le presenze arrivano, ma pure i gol incassati (52) e qualche papera - incredibile quella su un cross a Latina - con la retrocessione in Lega Pro. Si torna in Friuli, ancora nell' ombra di Karnezis e di Meret, il suo «erede» che nel frattempo l' ha scavalcato e sì è preso i pali del Napoli. L' anno scorso arriva finalmente l' occasione da titolare designato, ma dopo cinque partite Bizzarri gli soffia ancora una volta il posto. Il destino sembra ripagarlo nel 2018/19: il titolare Musso si fa male e Scuffet si prende il palcoscenico. Non sfigura in nove presenze, ma Velazquez nel pieno dei suoi guai tenta anche la mossa disperata di rimettere l' argentino in porta: non basterà a salvare la panchina dello spagnolo, ma sarà l' ultima goccia per il portiere friulano. di Francesco Perugini

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