Roma, 1 mar. (Adnkronos) - Una storia vera per un teatro-verita' su un episodio storico i cui contorni restano ancora sfumati. E' quella raccontata in 'La Torre d'Avorio' di Ronald Harwood - l'autore di 'Servo di scena' e lo sceneggiatore del 'Pianista' di Polansky - e portata ora sulla scena del teatro Eliseo di Roma da Luca Zingaretti, che firma anche la regia, e da Massimo De Francovich, nel ruolo del direttore d'orchestra tedesco in odore di filonazismo Wilhelm Furtwangler, il cui talento fu considerato alla stregua di quello di Arturo Toscanini e la cui fama fu in seguito oscurata dall'astro nascente austriaco Herbert von Karajan. Nel 1946, all'indomani della seconda guerra mondiale e della caduta di Hitler, il tribunale di denazificazione di Berlino affronta il suo caso e la relativa accusa di aver servito il nazismo, non essendo stato costretto dal regime a espatriare e non avendo neanche scelto l'esilio volontario per non dare lustro culturale alla Germania hitleriana. A Berlino, il maggiore americano Steve Arnold, interpretato da Luca Zingaretti, e' incaricato di trovare le prove della sua contiguita' con il partito nazionalsocialista tedesco, pur non avendone mai preso la tessera. Negli interrogatori del militare ex perito assicurativo - scelto dagli Usa proprio per la sua totale mancanza di competenza musicale, per non farsi condizionare dal lustro della personalita' sotto accusa - con il grande direttore d'orchestra si scontrano due concezioni della vita, due filosofie: il mondo pratico della quotidianita', dei lutti, del ricordo delle vittime e del sangue versato; e il mondo alto della cultura che si erge al di sopra delle miserie umane e persino del potere che le rappresenta e le guida ma che, al tempo stesso, non e' scevro da competizioni e gelosie, tra appassionate difese dell'indipendenza e del libero pensiero e accettazione di vili e gratificanti compromessi.