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Amadeus? Le profezie sballate di Repubblica, Stampa & Co: ecco come titolavano

Andrea Muzzolon
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Doveva cascare il mondo senza Amadeus. La Rai era finita, spacciata a dir poco. Ad aprile, nei giorni successivi all’addio dell’anchorman del Festival di Sanremo e Affari Tuoi, si faceva fatica a contare le profezie di sventura sul futuro della televisione pubblica senza il conduttore di Ravenna. Anche perché, come sembravano preoccuparsi La Stampa, Repubblica, Il Domani e tanti altri, Ama sarebbe dovuto essere l’apripista all’esodo dalla Rai. Carovane di conduttori e giornalisti sembravano pronti a cambiare casacca, magari proprio verso un Nove fresco fresco della nuova coppia d’attacco Fazio-Amadeus. Primo su tutti doveva essere Fiorello, che con lui aveva risollevato il Festival in uno dei periodi più difficili per il contest della canzone italiana.

Il tutto poi era stato rappresentato come se il clima fosse quello del MinCulPop durante il Ventennio, con il governo - secondo Repubblica - pronto a spartirsi le poltrone lasciate libere dai dissidenti di «TeleMeloni che riduce l’autonomia di artisti e conduttori, pretendendo di imporre ospiti e scalette». Tanto oppositori del presunto regime mediatico da essersi tutti ritrovati con contratti ben più ricchi di quelli che avevano con la Rai. Proprio come Bianca Berlinguer, sbarcata a Mediaset, e Lucia Annunziata, che ora siede comodamente al Parlamento europeo grazie al Pd. Insomma, doveva essere un disastro annunciato. Che, guarda caso, si è verificato solo sulle pagine di certi quotidiani.

 

 

 

TROPPO “AVANTI”

Tanto all’avanguardia da essere considerato «un corpo estraneo nella Rai di governo», Amadeus veniva descritto dalla Stampa come in grado di allargare alla platea social i suoi programmi in cui si trattavano «temi come la fluidità di genere, la resilienza, l’agenda verde» dando così vita a una «grande vetrina delle tendenze in corso». Tutto perfetto secondo il quotidiano (e visti gli argomenti trattati c’erano pochi dubbi), se non che il conduttore- accusano- è finito per rivelarsi «un corpo estraneo in una Rai dipendente dal governo». L’addio del presentatore finisce quindi per diventare conseguenza dell’operato dell’esecutivo di Giorgia Meloni, non certo dei 100 milioni messi sul tavolo da Discovery.

 

 

Milioni su milioni che l’azienda si è detta subito disponibile a sborsare anche per acquistare il format dei Soliti Ignoti, in scadenza di contratto con la Rai. Perché al nuovo acquisto bisognava dare un programma da condurre. Anche qui, panico. Partito l’assalto del Nove al tesoretto di quei milioni di spettatori che seguiva Affari Tuoi, si dava già per scontato l’esito del duello De Martino contro Amadeus. Repubblica addirittura ironizzava proponendo un sondaggio fra gli spettatori: «Lei cosa guarderà?». Non ci sono dubbi che, come già fatto all’epoca mettendo le mani avanti, ora si parlerà di «traino sontuoso e prestigioso del tg». Ma ora che i sondaggi sono stati superati dai dati auditel e il risultato appare impietoso, forse neppure un po’ di informazione potrebbe salvare mister Festival.

 

 

 

QUALCOSA NON TORNA
Insomma, se davvero «Amadeus è troppo avanti per i dinosauri di questa Rai» - La Stampa dixit - serve che qualcuno lo spieghi anche a quei 4.4 milioni di italiani che hanno preferito continuare a gustarsi i pacchi su Rai1, nonostante il debutto di Amadeus dalla concorrenza. E anche «la casella che riempiva, svuotata di lui», che secondo Repubblica appariva «simile a una voragine nel cuore della Rai», si è rivelata, più che altro, una buca coperta agilmente dal più giovane e altrettanto dinamico Stefano De Martino. È evidente come non fosse tanto il «campione Amadeus» ad essere entrato magicamente «in sintonia con il Paese reale», quanto sia stato il format del programma ad entrare nei cuori degli spettatori. «La Rai sovranista, perdendo Amadeus, perde ancora un po’ di sovranità - forse con troppa nonchalance» si leggeva sul quotidiano di Maurizio Molinari. Beh, sicuramente con De Martino non perde ascolti.

 

 

 

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