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Vermocane, a Zona Bianca l'allarme dell'esperta: "Brutta bestia", cosa rischiamo in mare

Roberto Tortora
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Lungo da 20 centimetri fino a 1 metro, ricoperto di aculei che, al contatto, scatenano reazioni urticanti. Carnivoro, si nutre anche di carcasse. Se tagliato in due, si rigenera e si riproduce. È il vermocane, detto anche verme di fuoco o verme di mare, cioè la nuova minaccia dei nostri mari. Se ne discute a “Zona Bianca”, programma di attualità e approfondimento condotto da Giuseppe Brindisi e realizzato in collaborazione tra Videonews e Tg4.

Il padrone di casa invita Barbascura X, divulgatore scientifico, scrittore, youtuber e conduttore televisivo a dare un quadro più completo di questo mostro degli abissi. Questo il suo intervento: “Il vermocane lo abbiamo sempre avuto, ma il loro numero era sempre limitato, perché era costantemente dipendente dalle condizioni climatiche. Il problema e che è una specie termofila, una specie cioè che adora il caldo e si riproduce molto più rapidamente. Si è potuto confermare, da alcuni studi, che quando il mare giunge alla temperatura di circa 25,6 gradi centigradi, lui va in una sorta di frenesia alimentare e diventa un predatore ancora più efferato”. Tutti gli ospiti sono impressionati, compresa la giornalista e scrittrice Susy Blady, in collegamento: "È veramente na brutta bestia, veramente. Anche perché si riproduce in vari modi, anche quasi per partenogenesi. Alla fine si riproduce tantissimo. È, però, uno spazzino del mare. Allora uno capisce che la natura reagisce, cerca di restituire un equilibrio e fa sviluppare il vermocane, che spazza via le cose inquinanti che finiscono in mare”.

 

 

Negli ultimi tempi, soprattutto al Sud dove le temperature sono più alte, sono stati registrati sensibili aumenti di vermocane sulle coste pugliesi, campane, calabresi e siciliane. L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), con sedi a Panarea e Milazzo, sta osservando da tempo questa nuova, voracissima, specie, detta tecnicamente “Hermodice carunculata” che, fino a qualche tempo fa, veniva registrata solo nel canale di Suez.

 

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