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Rai, l'Usigrai fa la martire contro TeleMeloni, ma in onda più di tutti ci va la Schlein

Tommaso Lorenzini
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Il copione resta lo stesso, strillare forte per non far sentire il rumore delle unghie mentre ci si arrampica sugli specchi. Un esercizio di stile ben riuscito all’Usigrai, il sindacato pendente a sinistra dei giornalisti della tv di Stato, prontamente sceso in campo per contestare le modifiche in tema di par condicio che l’esecutivo intendeva introdurre per l’imminente campagna elettorale in vista delle elezioni Europee e Amministrative: «La maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono», scrive in prima pagina La Stampa di ieri, facendosi lei sì megafono dei colleghi in rivolta, riportando il «comunicato di fuoco dell’Usigrai, letto in tutti i telegiornali della tv di Stato», dove si plaude alla scelta dell’Agcom «di non accogliere le modifiche varate dalla maggioranza di governo in commissione di Vigilanza che avrebbero consentito agli esponenti dell’esecutivo di parlare nei talk senza limiti di tempo e senza contraddittorio», anche se «resta il rammarico per avere accolto la modifica votata in Vigilanza di mandare in onda i comizi in diretta su Rainews24 senza alcuna mediazione giornalistica». 

NUMERI RIVELATORI

Decisione «ineccepibile» anche per Antonio Nicita, vicepresidente dei senatori del Pd, per il quale l’Agcom «si conferma un prezioso presidio a garanzia di tutti i soggetti politici e soprattutto dei cittadini». Insomma golpe sventato, preservata l’integrità della tv di Stato dagli assalti dei sovranisti, anche se al capogruppo M5S in Vigilanza Rai, Dario Carotenuto non basta: «È veramente spiacevole», sbotta, «pensare che il servizio pubblico dovrà sottostare nei suoi talk show a regole diverse più permissive per il governo. Hanno ridotto la Rai a una sorta di operatore telefonico pro-governo: minuti illimitati per Giorgia Meloni e per i suoi ministri». Naturalmente le cose non stanno così, naturalmente in Rai sanno che chi parla al megafono lo fa tenendolo ben con la sinistra a pugno ben chiuso: il monitoraggio mensile proprio dell’Agcom racconta infatti un’altra verità. A febbraio - ultimi dati al momento disponibili - il Pd batte tutti i partiti per tempo di parola nei tg della Rai.

 

 

 

Lo riscriviamo: il Pd. Non solo: è la leader dem Elly Schlein ad essere quella in vetrina nelle trasmissioni di viale Mazzini, malgrado la narrazione di quanti gridano di attentati continui alla democrazia faccia intendere l’occultamento di ogni voce non appartenente al governo o alla maggioranza. Le “Tabelle relative al pluralismo politico/istituzionale in televisione” spiegano bene che la Rai non è diventata TeleMeloni, piuttosto TeleSchlein. Il partito di Elly ha avuto il 10,7% complessivo nelle varie edizioni di Tg1, Tg2, Tg3 e RaiNews24, più di Fratelli d’Italia (10,2%), più del M5s al terzo posto con il 9,4% e molto più di Lega (6,2%) e Forza Italia (5,3%). Il Pd porta a casa un bel 15% al Tg3, storicamente territorio della sinistra, come tutta la rete, e, udite udite, totalizza il 14% al Tg1 considerato cuore della terra di Mezzo meloniana, dove invece Fdi ha circa un punto percentuale in meno di tempo.

 

 

 

GUERRA PER SIGLE

La sintesi migliore la fornisce Francesco Palese, segretario del sindacato Unirai (che ha polemizzato sul tema anche con il cdr di Rainews24, contrario al fatto che il canale allnews abbia riportato la posizione della nuova sigla), commentando la protesta dei “rivali”: «I nostri iscritti sono stati a leggere in diretta l’esagerato comunicato dell’Usigrai e naturalmente la prossima volta si dissoceranno. Persone che si stracciano le vesti, “la libertà in pericolo”, l’Iran dietro l’angolo: è sempre uno spettacolo assistere a questo circo politico-mediatico», chiosando che «poi andiamo a scoprire che il regolamento per la par condicio è sempre quello e che tutto sarà come è sempre stato». In mano alla sinistra...

 

 

 

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