Striscia la Notizia, Antonio Ricci stronca le veline: "Una tassa da pagare, ma non fanno più ascolto"
«Le veline sono una tassa da pagare al varietà ma non fanno più ascolto, perché sono ripetitive. Per questo ho eliminato alcuni stacchetti. Mi piacerebbe avere Fiorello in conduzione ma non per una puntata soltanto. Gli ho dato altri dieci anni di tempo. Lo aspetto anche con il pannolone, se ci sarò...». Antonio Ricci professore per un giorno alla Sapienza si diverte ancora un mondo a dissacrare e a smontare, uno ad uno, i tasselli che da quarant’anni continuano a collegare la sua televisione ai luoghi comuni sul berlusconismo.
Il regista e autore ligure è stato ospite ieri mattina del del Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte e Spettacolo del primo ateneo romano per una lezione evento dedicata a Drive In e la Storia della Televisione. In cattedra, insieme a lui, Barbara Palombelli, Victoria Cabello ed Enrico Mentana. «Quelli che hanno fatto le campaagne contro Drive In sono gli stessi che oggi hanno fatto Santo Subito Soumahoro», ha precisato Ricci con un intrepido paragone lungo quattro deceni. Il papà di Striscia La Notizia parla con la libertà e l’ironia di sempre e spiega come, in buona sostanza, la sua creatura di inizi anni 80 sia stata in realtà anche molto fraintesa, oltre ad essere entrata nelle abitudini e nei modi di dire di tutti gli italiani.
"Ho un patto con Fiorello": Striscia la Notizia, la bomba di Antonio Ricci
«Quando c’era Drive In le persone si riunivano nelle case. Le discoteche aprivano più tardi». E tutto, contrariamente al pensiero comune maturato negli anni, «senza dire parolacce o scadere nella volgarità. Spaziavamo dalla filosofia alla Cuccarini e non è facile riuscire ad essere nazional-popolari e trasversali». «Berlusconi non voleva fare Drive In» ha detto. «La sua idea di tv commerciale era diversa. Mi aveva chiamato per fare un programma che si sarebbe dovuto chiamare Beauty Center Show con Ornella Muti, Julio Iglesias e con Franco e Ciccio. La trasmissione però non quagliava e siccome io avevo molte conoscenze nel mondo del cabaret, proponemmo questo programma con personaggi allora minori, come Greggio e Faletti, che allora nessuno conosceva. Berlusconi non ci credeva, tanto che l’ha tenuta sempre su Italia Uno e poi ha prodotto un altro programma Grand Hotel che però si arenò perché non aveva il nostro mood corsaro».
Convinti di tutto ciò anche i docenti-spalla. Con Mentana che si è lanciato in un altro parallelo, immaginando un Drive In oggi alle prese con la cancel culture. «Le battute di Faletti sul figlio orecchione o quelle di Beruschi oggi sarebbero impensabili» ha detto. Barbara Palombelli ha sottolineato il ritmo e la rottura portati da Ricci: «La lentezza delle Teche Rai che oggi piace tanto era una rottura di coglioni. Con Drive In potevamo goderci anche noi la nostra libertà».
L’autore si difende da chi lo accusa di populismo. «Mi danno del populista per il Gabibbo ma non capiscono che il Gabibbo, un pupazzo con gli occhi sbarrati e senza orecchie è la presa in giro del populismo». A metterlo in imbarazzo sono i politici di oggi «delle scartine». «Il Vespone e Ballantini che teniamo davanti a Montecitorio sono più famosi di loro». Ricci poi racconta come a Mediaset nessuno lo abbia mai censurato: «Abbiamo solo un tabù: Claudio Baglioni che mi ha denunciato tre volte e ora ha baglionato anche il presidente della Repubblica». E se non ci sono più gli Andreotti e gli Spadolini, in questi ultimi anni Berlusconi e Grillo hanno dato soddisfazioni: «Anche se non ho mai votato nessuno dei due. Grillo poi è mio amico, non mi pare il caso di fargli una croce sulla faccia».
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