Federico Rampini sull'Africa: "Basta flagellarci, è una grande opportunità"
Non sarà una "svolta storica", ma "forse è l'inizio di un nuovo discorso sull'Africa". Ospite di Tiziana Panella a Tagadà su La7, Federico Rampini commenta il vertice Italia-Africa andato in scena lunedì pomeriggio a Roma e se da un lato rigetta certi toni trionfalistici ("Svolta storica è un'espressione da usare con una certa parsimonia"), dall'altro rifiuta anche gli atteggiamenti più disfattisti spesso cavalcati in queste ore dalle opposizioni in chiave puramente strumentale contro il governo di Giorgia Meloni.
"Per troppo tempo - ricorda il corrispondente del Corriere della Sera in collegamento con La7 - gli italiani hanno visto il Continente solo in termine catastrofistici e apocalittici, l'Africa vista come un buco nero di sciagure, disperazione, ingiustizie. Dai migranti alla povertà passando per la siccità. L'Africa è molto di più".
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"Quando l'Africa la raccontano gli africani, io nel mio ultimo libro (dal titolo La speranza africana. La terra del futuro concupita, incompresa, sorprendente, ndr) ho fatto questa operazione, viene fuori una realtà molto più interessante, a tratti perfino fiduciosa, gioiosa, ottimista. Per esempio tutta la produzione artistica africana è una esplosione di vitalità, non è disperata".
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"Dobbiamo uscire da una trappola, la sindrome dell'autoflagellazione, per cui l'unica cosa che ci interessa è espiare i peccati del colonialismo e vediamo tutto sotto questa lente", sottolinea Rampini mettendo alla berlina la miopia dell'Occidente. "Ormai l'Africa di oggi ha classi dirigenti alla terza generazione post-coloniale, dobbiamo uscire dalla cultura degli aiuti, siamo in un'altra fase storica".
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"L'Africa ha bisogno delle nostre imprese, dei nostri investimenti, oserei dire anche dei nostri giovani. Pensiamo a una emigrazione alla rovescia: giovani talenti italiani che possano trovare opportunità in quelle parti di Africa che stanno crescendo, ci sono 330 milioni di consumatori con reddito medio-alto, sono un quarto della popolazione africana ma sono l'equivalente della popolazione degli Stati Uniti".
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"Non c'è solo l'idea, anche questa catastrofista, dell'invasione cinese. In un mio recente viaggio in Tanzania - conclude il giornalista - ho visto che ci sono gli indiani, i turchi, i sauditi. Tutti si stanno interessando all'Africa e non è una nuova forma di colonialismo, le classi dirigenti africane sanno benissimo quello che fanno anche quando si mettono all'asta davanti alle superpotenze. Con il Piano Mattei, forse l'Italia inizia a pensare all'Africa in maniera un po' più pragmatica".
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