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Scherzo a Meloni, lo sfogo di Paolo Mieli: "Allora chiedete anche alla colf!"

Claudio Brigliadori
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Un Paolo Mieli “on fire”, come il Pioli dei tempi belli. A dirla tutta, il direttore e oggi editorialista di punta del Corriere della Sera, noto anche in tv per i toni pacati, l’aplomb molto anglosassone e una certa pungente ironia ma sempre all’insegna “understatement”, raramente si era visto così fuori controllo, addirittura sanamente indignato. Tutto accade di buon mattino negli studi di Omnibus, dove complice l’ora è rarissimo vedere qualcuno adirarsi.

Da lì a poche ore sarebbe arrivata la notizia delle dimissioni di Francesco Talò, consigliere diplomatico di Giorgia Meloni. È lui che si è preso tutta la responsabilità dell’ormai famigerato scherzo telefonico del 18 settembre, con la sicurezza di Palazzo Chigi bucata dal duo di comici russi Vovan & Lexus. Comici per modo dire, perché assai graditi a Vladimir Putin e, sostiene più d’uno, con qualche ottimo addentellamento nei servizi segreti dello Zar. Venerdì mattina, però, qualcuno compresa Repubblica aveva puntato il dito su Patrizia Scurti, persona di maggior fiducia della Meloni.

 

«Perché la lettera è arrivata a lei», ricorda anche la conduttrice Alessandra Sardoni a proposito del primo contatto tra l’entourage del presidente del Consiglio e i due russi nei panni di un finto politico di spicco africano. Mieli ascolta in silenzio e poi sbotta: «Ti prego... Colpa di Patrizia Scurti con tutto quell’apparato di Mantovano, i servizi segreti, le garanzie che ha dietro Mantovano, non dimentichiamoci che è una persona di collegamento con Violante, con il gruppo di Civiltà delle macchine, di tutto quel meraviglioso mondo lì e poi Patrizia Scurti... Ma allora chiediamo anche alla collaboratrice domestica se sapeva qualcosa, cioè se si butta tutta la colpa su Patrizia Scurti io giuro che mi indigna e vado in piazza, mi avvolgo na bandiera e mi do fuoco».

 

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