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Massimo Giletti, asse Fagnani-Gaia Tortora contro Urbano Cairo

 Gaia Tortora

Daniele Priori
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Due donne per amiche avrebbe potuto cantare ieri Massimo Giletti. E che donne! Che giornaliste! Francesca Fagnani, al suo secondo articolo domenicale su La Stampa, e Gaia Tortora, vicedirettrice del Tg di La7. Obiettivo non tanto e non solo schierarsi dalla parte del collega piemontese alla prima domenica sera senza il suo “Non è l’Arena”, quanto iltema da giorni al centro del dibattito. Capire il reale motivo di quella che, da più parti e nonostante le parole sussurrate dall’editore Cairo, è considerata sempre di più una vera e propria censura. La levata di scudi si fa poi più rumorosa se a indossare le vesti di erinni della libertà di stampa sono, rispettivamente, la compagna di Enrico Mentana, direttore del telegiornale de La7 e la vicedirettrice dello stesso Tg che di Urbano Cairo è anche dipendente.

 

 

 

PEZZO INEQUIVOCABILE

Il pezzo della Fagnani è inequivocabile già dal titolo: «Quel brutto segnale che arriva dalla sospensione di Giletti». Così la Belva va dritta al punto: «Colpisce oltremodo proprio che non ci sia stata da parte del mondo dell'informazione, salvo poche eccezioni, quella forte e partecipata levata di scudi che abbiamo visto quando chiusero, per esempio, la trasmissione di Sabina Guzzanti “Raiot”, un atto di evidente censura, fu considerato da tutti. Senza dire per citare i casi più clamorosi dell'indignazione e della mobilitazione provocate vent'anni fa dall'editto bulgaro, pronunciato da Sofia dall'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nei confronti di Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi, estromessi dalla Rai.

Cosa ha di diverso Giletti da loro? Non è di sinistra, anzi mostra confidenza con i leader della destra, ammicca da piacione alla telecamera e piace più alla pancia del suo pubblico che ai critici e ai colleghi. Ma allora come funziona la difesa dell'informazione? Vale solo per chi ci piace? Non dovremmo difenderla sempre e a prescindere dai nostri gusti personali?». Interrogativi da sciogliere, secondo Fagnani, «nell’interesse di tutti e non solo del conduttore e della sua redazione, per conoscere il motivo di questo secco e definitivo stop al programma, da un giorno all'altro». Plaude alla collega, dal suo seguitissimo profilo Twitter, la vicedirettrice del TgLa7, Gaia Tortora, che invitando a leggere l’articolo della Fagnani, cinguetta espressamente anche lei su «coraggio che manca a molti e libertà d’informazione a senso alternato».

 

 

 

L’EDITORE A DAGOSPIA

Di un Cairo spaventato, dopo le trasmissioni antimafia di gennaio, aveva parlato anche un altro giornalista, Enrico Deaglio, intervistato sempre da La Stampa di ieri. Parole alle quali l’editore de La7 ha risposto scrivendo una lettera a Dagospia. «Non ero per nulla spaventato, lo dimostra il fatto che Giletti è andato in onda tranquillamente per molte puntate dopo il nostro incontro, affrontando lo stesso argomento in totale libertà. Ricordo anche che lo stesso Deaglio partecipò subito dopo, ospite in studio, ad una puntata di Atlantide con Andrea Purgatori, sulla cattura di Messina Denaro». Ma Cairo, secondo Deaglio, già dai tempi in cui lavorava per Berlusconi, temeva di più l’ex numero uno di Publitalia, Marcello Dell’Utri. «In merito alla battuta su Dell’Utri, ovviamente - conclude Cairo - si parlava di questioni legate a dinamiche e rivalità tutte aziendali, di tempi passati e lontani». Mentre dei chiarimenti reali sulle scelte presenti e molto attuali che hanno evidentemente a che fare con l’eterna questione della libertà d’informazione, il patron de La7 sceglie di continuare a non parlare. 

 

 

 

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