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Emanuela Orlandi e il film a luci rosse: la verità sconvolgente su questo audio

Roberto Tortora
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Il caso di Emanuela Orlandi torna d’attualità. Il fratello Pietro, infatti, è stato ospite insieme al suo avvocato, Laura Sgrò, a DiMartedì, il talk di La7 condotto da Giovanni Floris. Durante la puntata, è stato riproposto un audio scioccante che nel 2016, dopo la chiusura dell’inchiesta, il fratello di Emanuela aveva consegnato alla trasmissione Chi L’Ha Visto. È il contenuto di un’audiocassetta che i rapitori lasciarono nei pressi del Quirinale il 17 luglio 1983, poche settimane dopo la scomparsa di Emanuela. Così racconta Pietro Orlandi: "Chiamarono l’Ansa, dissero che avevano lasciato un’altra audiocassetta quattro giorni prima sotto il colonnato di San Pietro, subito prelevata dai funzionari vaticani. Ne rilasciarono un’altra nei pressi del Quirinale e subito venne presa in consegna dai funzionari della Digos stavolta. L’ascoltò anche mio padre Ercole, che rimase sconvolto”.

Dal contenuto che emerge, sembra in atto una violenza sessuale o quantomeno fisica di alcuni uomini nei confronti di Emanuela Orlandi. Un audio di circa 2:30 in cui emergono alcune frasi da voce femminile: “Oh Dio… il sangue! … ma che cos’è… quanto sangue! … ahio aaah! Che mi fai… per favore mi lasci dormire adesso!”. Alcuni giorni dopo averla analizzata, la Digos dice al padre di Emanuela di stare tranquillo, perché trattasi di spezzoni di un film porno e che la ragazza non c’entrava per nulla. Nel 2016, a inchiesta chiusa, il fratello Pietro, però, si fa coraggio e decide di ascoltare quell’audio, riconoscendo immediatamente la voce della sorella nell’ultima frase detta, cioè quel “per favore mi lasci dormire adesso”. 



"Film a luci rosse? Quella è la voce di Emanuela Orlandi": guarda il video di DiMartedì

 

Decide, allora, di cercare immediatamente l’originale audiocassetta, ma in procura è sparita: “Ho cercato i documenti dell’epoca, sono stato anche all’Archivio di Stato, ho fatto parecchi giri. Ho trovato anche i documenti del Sismi – i Servizi Segreti Militari, spiega l’Orlandi – perché loro analizzarono quell’audio. Dai loro documenti risulta che quelle voci non sono finzione, non è un film porno e le frasi da voce femminile sentite con molta probabilità appartengono ad Emanuela”. La domanda sorge subito spontanea: perché la Digos disse al padre di Emanuela di star tranquillo, che era tutta una montatura?

In questi giorni, poi, sta circolando un altro documento riservatissimo, consegnato al Corriere della Sera, che descrive i presunti spostamenti della quindicenne, fin dal giorno della sua scomparsa, e che coinvolgerebbe il Sacro Collegio delle Opere Misericordiose. La giovane sarebbe stata portata a Civitavecchia e poi imbarcata per la Sardegna, a Santa Teresa di Gallura, fuori dai segnali radar. Da lì, poi, sarebbe stata trasferita a Londra, dove avrebbe vissuto in un convento. Un dossier da verificare, firmato “un servitore della Repubblica”, che si ricollega a un altro documento reso noto nel 2017 e già bollato come falso, contenente la presunta nota-spese del Vaticano, di 483 milioni di lire, per tenere in vita Emanuela e per le “spese finali” che riguarderebbero il suo trasporto dall’Inghilterra all’Italia e la sua presunta sepoltura. Il caso Orlandi resta, dunque, un dedalo inestricabile che non svela la sua via d’uscita da ormai 40 anni. Pezzo dopo pezzo, però, la mappa che porta alla verità aggiunge un’informazione dopo l’altra e il fratello Pietro non si darà per vinto, finché non conquisterà la meta: scoprire che fine ha fatto Emanuela, chi l’ha rapita e che destino le ha riservato.

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