Sangiuliano: "In Rai gira ancora qualche piccolo Stalin"
Se i fascisti su Marte siano tornati sulla terra, secondo la persistente narrazione della sinistra, a corto di altri argomenti, difficile dirlo. In giro, in camicia nera, non ne vediamo. Semmai ci sono persone «intellettualmente fragili». Però, a frequentare i corridoi di Viale Mazzini, sede della Rai, si possono fare strani incontri, cari ai comunisti. «Qualche piccolo Stalin ancora circola nei corridoi di viale Mazzini, io ne conosco qualcuno che ancora sta col colbacco», dice il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ospite del programma di Rai Tre, Che tempo che fa, condotto da Fabio Fazio. Al quale la stilettata del titolare del Mic deve essere proprio piaciuta: «Sarà per l’aria condizionata». Come no, mica per il valzer delle poltrone o per la sistematica occupazione dell’azienda da parte della sinistra, abituata a pensare alla Rai come fosse «cosa loro», e non degli italiani che pagano il canone. Piccoli Stalin pronti a tutto, a dire il vero. E se a raccontare della loro presenza a viale Mazzini è l’esponente del governo guidato da Giorgia Meloni, c’è pure da credergli.
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L’attuale inquilino del dicastero di via del Collegio Romano, prima di occuparsi dei tesori del nostro Paese, era alla guida del Tg2, il telegiornale della seconda rete, dopo aver svolto per anni le funzioni di vice direttore al Tg1. Insomma delle cose di casa Rai ne sa abbastanza. Ragione più che sufficiente, quella del lungo percorso nella tv pubblica di Sangiuliano, da indurre Fazio a insistere sull’argomento. «Via i partiti dalla Rai o più facile ci sia vita su Marte?», chiede sornionamente il conduttore di Rai Tre al ministro, il quale, preferisce replicare con una battuta: «Più facile la vita su Marte». Talmente facile da chiedersi se sul pianeta rosso paghino il canone, altro argomento di discussione.
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«La Rai deve essere servizio pubblico sostenuto dal canone», sostiene il ministro, «ma è suo dovere essere plurale, rappresentare il pensiero di tutti i cittadini e io ne so qualcosa, ho subito censure sulla mia pelle». «Quando ci fu la pandemia e io provai a raccontare che c’era un’origine diversa del virus», racconta il ministro, allora direttore del telegiornale, «fui assalito e quasi scorticato per queste mie posizioni: le cosiddette verità nascoste che in Rai non si possono dire». Soprattutto quando i piccoli Stalin danno la linea. Sangiuliano non risparmia nemmeno una stoccata a Vittorio Sgarbi. «Una cosa se vale va fatta pagare, se i musei fossero gratuiti bisognerebbe togliere i 250 milioni di introiti annui dei musei e trasferirli alla fiscalità generale», spiega il ministro. Quanto alla proposta del sottosegretario alla Cultura, secondo cui i musei devono essere gratuiti, Sangiuliano ha risposto che «Sgarbi ha aumentato i prezzi del suo museo». E con l’arte, a dire il vero, non scherza.
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