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Belve, Gabriel Garko oltre la censura: "Una calza per coprirmi le parti intime"

Claudio Brigliadori
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Francesca Fagnani ha la capacità di far confessare l’inconfessabile ai suoi ospiti e passare dal dramma alle risate nel giro di pochi minuti. Questo è il segreto del successo di Belve, che si è conquistato la prima serata di Rai 2 a suon di dichiarazioni a effetto. Gabriel Garko è il bignami perfetto di queste interviste. «Ci sono stati dei momenti molto duri - ammette l'attore, per 10 anni divo delle fiction di Mediaset -. La mia analista era sorpresa che non mi fossi suicidato o drogato. Una volta ho pensato di farla finita. Non mi andava più di andare avanti, ma non avrei mai il coraggio di farlo. Anche nel brutto voglio sempre sapere come va a finire».

A pesare l’appartenenza alla potentissima casa di produzione Ares che condizionava vita professionale e privata delle sue star. «Si diventava un po’ tutti omertosi. C’era una dose di inconsapevolezza molto forte, è difficile spiegare oggi come si viveva negli anni Novanta. Per fare un lavoro bisognava omettere determinate cose». Come l’essere gay. Per rafforzare la sua immagine di sex symbol, a Gabriel vennero affibbiate varie fidanzate ufficiali, da Manuela Arcuri («Con lei però è stata una storia vera”» a Rosalinda Cannavò, in arte Adua Del Vesco.

 

«Io non volevo. Inizialmente ho detto “ok, non posso dichiararmi per la mia natura, allora non dichiaro nulla e non voglio fingere”, ma purtroppo era così e reggevo». Impagabile l’esperienza sul set di Senso 45, diretto da Tinto Brass. «C’era una scena in cui ero nudo ma avevo una calza per coprire le parti intime. Una ragazza doveva simulare un atto orale, e quando Tinto ha dato azione lei girava intorno e diciamo che una reazione c’è stata. Tinto ha chiamato lo stop e ha urlato spruzzino! Ed è arrivata una persona con l’acqua fredda».

 

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