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Volodymyr Zelensky, "ha capito che lo share...". Nel mezzo della guerra, indiscrezioni pesantissime

Claudio Brigliadori
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«Bene o male, purché se ne parli». Volodymyr Zelensky divide gli opinionisti dei talk italiani, non necessariamente tra filo-ucraini e filo-putiniani. A L'aria che tira, su La7, lunedì mattina si discuteva dell'impatto mediatico del presidente "resistente". Su Twitter, in quegli stessi minuti, Sebastiano Messina di Repubblica riassumeva così, in due istantanee, il dibattito: «Tra vent' anni - se ci saremo ancora- ricorderemo di questo 9 maggio non le immagini a colori di Putin davanti ai suoi potentissimi missili, ma quelle in bianco e nero di Zelensky davanti alle macerie lasciate da quei missili». A L'aria che tira, lo storico inviato del Corriere della Sera Massimo Nava la pensava più o meno nella stessa maniera: «La comunicazione super-occidentale di Zelensky finisce per essere premiante, ci sono una logica e un peso diverso delle parole».

 

 

 

 

«Con il discorso di Putin ci siamo addormentati nella Russia e ci siamo risvegliati oggi nell'Unione Sovietica - continua-, con Zelensky invece siamo già nell'epoca di Facebook». Non è detto che sia politicamente un dato positivo, a giudicare dagli effetti (spesso nefasti) che i social hanno rovesciato non solo sul modo di "comunicare" della politica, ma pure sul modo di "fare" politica. Ma a testimonianza di quanto divida l'ex comico diventato presidente per caso (o forse no?) c'è il giudizio di Annalisa Chirico, in studio da Francesco Magnani: «I video ben curati che ci regala ogni settimana Zelensky fanno a pugni col clima che gli ucraini vivono sotto le bombe», sottolinea mentre la regia manda in onda l'ultimo appello in un cinematografico bianco e nero. Scenografia ben curata ed espressioni in primo piano, da consumato uomo di spettacolo quale in effetti è. Ma forse, nell'horror show della guerra, ha capito per primo che quel che conta è tenere alte audience e attenzione. 

 

 

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